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Quanto sappiamo sui BOT?

Avrò scritto, e riscritto, almeno una centinaia di volte questo post.

La realtà, ogni volta che stabilivo che la mia personale osservazione sembrava terminata, mi proponeva, giorno dopo giorno, nuovi spunti. Superando di fatto, le mie aspettative e creando nuovi spunti di discussione.

Mi sono reso conto di scrivere un libro, cosa che sembra sia l'unico che in Italia non ha mai fatto, ed ho deciso di fermarmi. Qualunque cosa sarebbe accaduta.

L'argomento BOT/TROLL (che non sono i Buoni Ordinari del Tesoro, almeno non in questo caso), è attualissimo e da anni (anche se moltissimi non se ne sono mai accorti in questo mondo) imperversano in rete.

E cambiano l'opinione pubblica, la manipolano, la modellano. Hanno dei target ben precisi e rappresentano una minaccia vera e propria per chi non riesce ad avere un suo libero pensiero, per chi è facilmente manipolabile: imbrogliano, avvelenano i pozzi, creano campagne di totale disinformazione.

Cambiano i risultati, dopo avere truccato le regole del gioco!

Questa premessa doverosa è necessaria per spiegare un fenomeno che molto spesso ingannerebbe chiunque!

La cronaca ha superato ovviamente le idee di base di questo racconto. E da qui, solo da qui, partiremo: dall'attualità!


La situazione attuale in Italia e la gestione delle IA nell'editoria e nella politica


Ma come è la situazione adesso in Italia?

Esistono, a parte i casi esemplari, personaggi che usano i Bot/troll per sostenere o per denigrare la narrazione? La risposta è si.


Secondo un calcolo a spanne in questi ultimi anni sono stati spesi circa 150 (centocinquanta!) milioni di euro per finanziare le varie campagne di disinformazione.

Ed ancora oggi l'esistenza di questo male oscuro che perseguita la rete, si vede ed è ampiamente utilizzato.



La pandemia è stata una manna dal cielo nel nostro paese per una disinformazione senza precedenti che tocca, in media, circa il 10 per cento degli utenti finali.


Per spiegare come funziona userò termini molto semplici e non tecnici: so che gli informatici veri mi insulteranno (e faranno bene), ma è inutile usare termini troppo sofisticati per spiegare fenomeni complessi come questo.


La prima tecnica è quella dell'accerchiamento: il famoso otto a due!

Che cos'è? Ve lo spiego facilmente: otto profili finti, che sembrano autentici ma solo a chi è fondamentalmente un analfabeta funzionale (il target costante, cercato da chi crea le campagne), creano una campagna di disinformazione e contestano le parole di un singolo personaggio.

Se solo bloccassimo questi profili finti, ci renderemmo conto che certi post sarebbero commentati da poche decine di persone. Invece ne troveremo centinaia di commenti, e l'utente sprovveduto si sentirà protetto dal branco degli "otto" e aumenterà le proprie convinzioni.


Su Twitter, più di Facebook almeno in Italia, utile per creare mostruosità politiche o basi per vere e proprie truffe, molti non sanno che l'opera delle Intelligenze Artificiali serve a profilarti e dunque, non solo andrebbero bloccate, ma mai commentate!

Purtroppo, anche all'utente più esperto, viene voglia di parlare e reagire alle cretinate lette. Ribattere punto per punto. Questi bot si alimentano di questo e anzi, con delle parole chiave, chiamano nel campo di battaglia altri troll.


C'è più di un profilo reale che perde delle ore per ribattere a tutto: è un esercizio inutile. Totalmente inutile.

Meglio un post di chiarimento (se c'è qualche argomento che vogliamo spiegare meglio, onde evitare equivoci), piuttosto che delle risposte!

Anche citare un tweet è un errore grave (meglio uno screenshot): molti di noi lo fanno.


Quale sia il pericolo è presto detto: tantissimi non hanno idea di uno dei bug più famosi di Twitter, mai risolto e mai reclamizzato...Quando parli con qualche intelligenza artificiale, il tuo computer o smartphone, diventa vulnerabile per una ventina di secondi.

E un hacker esperto può bypassare la tua VPN, che tanto ti è costata, senza nemmeno un "brutal force" (in italiano, un software per creare milioni di password per potere entrare dentro il tuo dispositivo dalla porta principale).


E così si gonfiano campagne di disinformazione con varie tipologie di obiettivi, sempre e comunque, da raggiungere.

E non stiamo parlando solo di acchiappa click, ma anche utili a creare "clientele". Imbecilli pronti a credere a storie astruse, e dunque donare o spendere in folli acquisti online.


In questo clima c'è chi ha investito (partiti politici vari, come detto sopra, ma anche delinquenti ciarlatani) tantissimi soldi per campagne nascoste ma ben presenti e chiare.


Nella pandemia, la Lega e Fratelli d'Italia hanno usato "bestie varie" per potere soffiare sul malcontento, raccontando favole e ripetendo (con la tecnologia attuale) quello che era successo negli anni 20 e che creo il turpe fascismo che noi conosciamo bene.


Di sponda hanno giocato gruppi di ciarlatani e truffatori che, senza alcuna vergogna, mentre la gente moriva in ospedale di Covid, si sono inventate terapie domiciliari senza alcuna base scientifica.

E sono esplosi nomi di medici ormai sulla via della pensione che, soffiando sul fuoco, hanno avuto la disonesta idea di approfittarsene con la comodità del loro divano. Queste storie le conosciamo tutti.


Sono nate associazioni di avvocati che si sono fatti donare milioni di euro, grazie anche a campagne di bot che hanno avuto come target proprio i "complottisti", con l'idea di creare la figura del "pensatore libero".

Il mainstream, che non è un canale Sky, e i poteri forti (presumendo che ne esistano di deboli), si antepongono alle vittime che sono beffate da chissà quali piani orditi che scoprono solo loro.


La delusione nel vedere molti nostri amici cari cadere in questa narrazione è forte, ma succede! Il target, a volte, colpisce dove meno te l'aspetti! L'ignoranza non è sempre causa della caduta nelle trappole.

E mentre si combatte il pensiero unico, non si capisce che in realtà è qualcuno o qualche Intelligenza Artificiale che pensa al posto tuo.


Un caso limite è quello dei VV, 31mila iscritti: un gruppo, anzi una vera e propria setta, che si è servita di bot e troll per convincere casalinghe disperate, infermieri antivax, o dementi vari a imbrattare scuole, sindacati e cimiteri.

Una voce guida e una vera a propria "educazione siberiana", portano inconsapevoli vittime a credere di essere eroi anti sistema e pensare di essere liberi. Ovviamente sono tutte cretinate, ma chi ci casca dentro non lo capisce.

E finisce denunciato!

E deve fare processi e pagarsi avvocati.

I VV sono finanziati da gruppi di estrema destra, che sono poi gli stessi che, per osmosi, hanno finanziato per i propri loschi fini, campagne per creare disordine nel paese e sdoganare il loro essere delinquenti.

Ma armare la mano di un cretino è pericoloso, e non sono mai fini strateghi. Sono fenomeni che col tempo si esauriranno.


Come le campagne su presunti malori improvvisi sostenuti da migliaia di Bot online: chi non ha mai visto Vito numeretti (alias di Ugo Fuoco che ha un canale complottista e che si è anche vaccinato dopo avere rischiato di morire per covid)?

Vito come molti altri anonimi alias, condividono canali di truffatori che puntano a creare un pubblico a cui vendere inutili vitamine o protocolli costosissimi di "svaccinazione".


E si leggono leggende come "sangue come maionese nera" o "coaguli lunghi un metro".


Un essere umano dotato di un minimo di cervello non ci crederebbe mai, ma la massa si sa "è ottusa" (cit. Men in black)!


Ecco: queste sciocchezze sono alimentate da campagne di bot, creati da società che vengono pagate anche dalle numerose e irresponsabili donazioni che vengono da utenti increduli e impreparati a una esistenza normale.


E portano su canali Telegram in cui ci si iscrive e che hanno numeri gonfiati (gli utenti target infatti sono sempre gli stessi e li ritrovi in ogni canale complottista).


Un affare per tutti quello del "vaccino" e di frasi inventate ad arte che sono state usate anche dalla politica per andare contro e catturare consenso: "Tachipirina e vigile attesa" e "No GreenPass" vi dicono qualcosa?


Nel mondo reale da quasi un anno e mezzo si vive normalmente, ma in questo microcosmo alimentato da notizie false create da BOT e troll, c'è la percezione che ogni morte improvvisa sia causata dal vaccino (prima eravamo immortali, anche se morivano in media circa 70.000 persone l'anno)


E questo porta avvocati a inventarsi cause inesistenti e miliardi di danneggiati da vaccino. Anche interpretare i dati omettendo cose che ne cambierebbero il senso e tipico dei bot.



Come è chiaro, dunque, il pericolo è reale ed attualissimo: crederci!


Una sciagura per le tasche pronte a finanziare tv fuffa come ByoBlu, nata in pandemia, o giornalisti che raccontano di essere indipendenti e liberi e poi fanno esposti che faranno male non alle loro tasche, ma a quelle degli idioti che li sottoscriveranno.

Intanto milioni di euro in donazioni sono stati intascati.


E parliamone di questi giornali!


Un caso limite di sfruttamento della credulità popolare e della capacità di creare procurato allarme è LaVerità.


Analizzando i post del giornale, che ha molti giornalisti confluiti su "Fuori dal Coro" a Rete 4, e che fanno gli opinionisti in tutte le tv (che però non dovremmo guardare, perchè "BISOGNA SPEGNERE LA TV") si scoprono tante cose.


Che sintetizziamo in un attimo: il 90% delle interazioni è falso! Si, sono profili di intelligenze artificiali che non esistono nel mondo reale. In genere sono creati da pochi mesi o giorni, hanno pochi follower e non hanno facce.

Hanno un diverso utilizzo: o mettono solo emoticon, o rispondono indignati, o condividono foto (senza fonti) di altri ciarlatani o imbroglioni, per sostenere le assurde tesi del quotidiano.


Si, perché il giornale La Verità ha capito prima di altri che paga molto, in termini di carriera e di vendite di copie, essere "contro"!


E i suoi giornalisti, che ogni giorno smentiamo in due secondi con semplicissimi fact checking, sono il peggio che possa esistere e definirli giornalisti è un esercizio di inaccettabile buona volontà.


Questi personaggi che tutti conosciamo, come Dragoni, Maddalena Loy, la Camuso, e il medico omofobo e ciarlatano De Mari, non rispondono mai in prima persona agli utenti che contestano ogni loro presa di posizione!


Usano i BOT che profilano i "contestatori", pericolosi perchè portano sul piatto della discussione argomenti ben precisi e smentibili con dei fatti, e alla fine ti ritrovi bloccato. Sei un pericolo, e avere solo voci favorevoli a un tema è di fondamentale importanza.


Tutto questo è poco serio e va sempre e costantemente sotto la voce "disinformazione": e quest'ultima uccide. Nel vero senso della parola!


Queste persone raccolgono ciò che seminano in base a consensi prima gonfiati e poi reali. Scrivono libri in cui strizzano chiaramente l'occhio al loro target per non cercare di deluderlo. Si arricchiscono e vengono invitati a dare una opinione tossica, capace di avvelenare i pozzi senza alcuna pietà.


I Bot si accaniscono sui profili "rivali", su coloro che cercano di portare la discussione a un livello intellettualmente più elevato, sotto forma di shit storming.


Basta guardare il profilo del "rivale" di Mario Giordano, Giuseppe Brindisi (rivale per il pubblico complottista, sia chiaro): ogni suo post contro i novax viene invaso da migliaia di commenti di profili inesistenti. Su 100 in media 98 sono finti!


Il giornalista è ovviamente un pericolo per certe narrazioni, su altre viene letteralmente ignorato!

L'obiettivo dei BOT è quello di creare la trappola: fare bloccare un profilo, perché a volte non ci si trattiene e volano parole grosse, è la base. Ma a volte i target sono più alti: creare esposti con donazioni (come con Burioni) o segnalare ad ordini vari.


Anche il sottoscritto ha ricevuto molti attacchi, ma anche il dottore Mezzana (reo di avere vaccinato i figli minorenni e di aver postato la foto), oppure personaggi iconici ed ironici come La Bombetta cui, spesso, si è tracimato.


Questi bot, ovviamente istruiti a dovere da essere umani delinquenti dentro, sono andati a cercare informazioni o profili per denigrare, sminuire.


Cosa si può fare? Ignorare e bloccare senza pietà.


C'è anche chi usa i bot per accreditarsi, investendo su se stesso.

I soldi della Russia piacciono a tutti, ma anche una poltroncina in parlamento piace moltissimo con uno stipendio di livello altissimo garantito per 5 anni (con annesso vitalizio appena ripristinato).


Nelle ultime elezioni, a parte le forze politiche note e già presenti, proprio per questa narrazione alimentata da BOT, si sono presentate tantissime forze che in pandemia hanno cercato di sfruttare l'occasione per rubare una sedia in Parlamento.


E sono state vittime, esse stesse, del folle gioco che le aveva alimentate rimediando sonori ceffoni non ottenendo assolutamente nulla.


Come tutti i narcisisti, affamati di consenso e di "piccioli", hanno perso il contatto con il mondo reale ed hanno pensato di farcela perché i loro numeri non potevano essere ignorati.


Il truffatore, infatti, è stato di fatto truffato.


Ma cosa è accaduto davvero?


Quella che vi racconto è una bellissima storia "fantasy", molto reale. Queste società che offrono, a pagamento e rigorosamente in nero (perché fatturare richiede passaggi veri di denaro e perché è meglio fare finta che non sia vero), hanno usato i migliaia di profili (che erano stati creati in dieci anni), per gonfiare il mercato!


Cercherà di spiegare banalmente il concetto:  negli anni hanno, riattivandosi di volta in volta, gonfiato i numeri. Cosa che già accade su Instagram per aumentare il numero di followers e per arrivare presto alla monetizzazione.


Anche se, negli ultimi tempi, per monetizzare occorre molto altro e la qualità dei profili che danno like o cliccano su un contenuto è stata di volta in volta sempre considerata in maniera diversa, i numeri di questi mondi sono sembrati migliaia.


A noi tutti, ed è sempre successo, queste persone che cascano nella rete del disinformatore (che si spaccia come contrario al "pensiero unico", ma ne ha uno tutto suo che di fatto impone) sembrano milioni online: e quando arriva questa percezione, vuol dire che il lavoro delle intelligenze artificiali funziona!


Questa la premessa per spiegare il fenomeno verificatosi durante le ultime elezioni nazionali è fondamentale.


A un certo punto della storia, soffiando sul fuoco dei "sieri", delle "reazioni avverse", del "non sapere cosa c'è dentro" e della "falsa pandemia" (ma potrei dire migliaia di frasi, che per la loro stupidità, sono entrate nel gergo) questi cialtroni hanno pensato bene che fosse arrivato il momento di passare all'incasso!


Le donazioni sarebbero finite prima o poi, bisognava prendere un posto fisso. E quale posto fisso migliore, ed economicamente e socialmente perfetto, c'era di un posto in Parlamento?


"Lo facciamo per voi, per difendere la vostra e nostra lotta contro il pensiero unico!"


Bene, valutando come reali questi numeri che apparivano sotto ogni post, si sono convinti che avrebbero facilmente raggiunto il loro obiettivo.


I raggiratori, però, sono stati raggirati. Qualcuno si è presentato da queste persone, con la valigia vuota di denaro (ma piena di bot e profili a sostegno, spacciandoli per veri) e ad ogni forza o associazione che esplosa in pandemia hanno detto: "Ti offro un bellissimo pacchetto di voti! Guarda quanti siamo, se contribuisci questi sono tutti tuoi!"


E sti babbei, con una serie di artifici, hanno pagato e profumatamente (rigorosamente senza rendicontare e in nero) questi "emissari" riempiendo le loro valigie!


E ci siamo ritrovati con una serie di assurdi movimenti politici (dei 5Stelle che non ce l'hanno e non ce l'avrebbero mai fatta) che si sono presentati alle elezioni con i candidati del disagio, il peggio del peggio che c'era, per sfruttare questo consenso gonfiato!


Nessuno di loro, geni del male e "napoleoni" della politica (incapaci di comprendere cosa accadesse nel mondo reale, accecati dal proprio incurabile narcisismo), si è accorto della truffa e si è lanciato.


Italexit, Pro Vita, gli Adinolfi e alcuni gruppi di estrema destra, convinti tutti di superare facilmente la soglia di sbarramento, hanno preso una tranvata non da poco!

Qualcuno aveva detto loro che valevano almeno il 5/6%, solo che la somma di questi "partitini" del disagio sarebbe dovuta essere del 90% per avere questi esiti. Come è andata lo sappiamo. Molto male, e nessuno ha avuto il coraggio di lamentarsi: erano tutti convinti che la "biada" avrebbe nutrito tutti i cavalli della stalla!


Questa storia è stata lampante di quanto questi BOT droghino il mercato.


E poi esistono figure, che da anni, cercano a tutti i costi di "accreditarsi" a madre Russia: perché i russi pagano in contanti, ti aiutano a sviluppare una tua carriera da disinformatore professionista e ti forniscono una serie di linee guida.


Le troll farm, di cui parlerò dopo, sono famosissime e non sono un segreto, ma molti ci cascano.


E anche qui le sorprese non mancano!


Ma partiamo dalle basi, di questo racconto! C'è gente che è convinta che persone come Orsini, la Totolo e molti altri siano pagati dai russi per spargere disinformazione pura. 

Niente di più sbagliato!


A parte esempi conclamati, la disinformazione dell'IRA, per reclutare non si espone così: usa persone anonime e insospettabili, prende ragazzini per fare cyborg nelle scuole, legge e profila milioni di target e (mentre duplica o ruba identità) crea una base di bot. Noi li chiameremo "bandierini" (perché hanno simboli e stemmi chiaramente presenti), che però non sono tutti profili falsi!


Infatti il "target", convinto da questa propaganda fatta di palle allucinanti (in Italia, uno storico disinformatore russo è Cesare Sacchetti, un fantoccio che ha ricevuto tanti soldi da sodali di Putin per tenere in piedi certe storie), condivide e si conforma nei suoi profili.


Queste sono le vere vittime della disinformazione che vuole avvelenare e destabilizzare l'occidente.


Poi, come dicevo sopra, esistono quelli che cercano in tutti i modi di "accreditarsi", perché sanno che in qualche modo (o meglio sperano) che, nel caso in cui qualcuno porterà loro la "busta giusta", avranno un posto privilegiato e denaro. Oltre un carriera e ospitate televisive importanti!


Orsini, e altri come lui, hanno capito che, durante la guerra in Ucraina, era fondamentale per avere visibilità ed inviti, essere "contro": il segreto per fare strada.


Infatti, ed è bene sottolinearlo, proprio a causa di un sistema politico connivente con la disinformazione (vedi i recenti casi Santanchè o del figlio di La Russa che fanno infestare le bacheche di chi è indignato con migliaia di BOT pronti a soccorrere la nave che affonda salvandoli dall'ira dell'opinione pubblica), conviene essere sempre parte della minoranza!


Si è "eroi", "giornalisti indipendenti", si racconta "qualcosa che altri non vogliono fare perché i loro padroni non permettono": e dunque si sostengono tesi assurde e spesso ridicole ad ogni costo.


Il risultato? Inviti, convegni, libri (tutto a pagamento) in quanto ormai, con la mania della "par condicio", si deve dare sempre e comunque una voce contraria per dare "equilibrio" in un talk show.


E funziona! Non troverete mai, se non qualche "perculatore" o fact checker che lo fa per iniziativa privata, il percorso inverso: quello di informare attenendosi a fatti e fonti qualificate.


Fondamentalmente è un esercizio di onanismo inutile e non paga per niente: devi essere "contro" se vuoi avere successo! E questi personaggi sono tutt'altro che fessi,e lo hanno capito. E non sono a libro paga della Russia, non ha bisogno alcuno di reclutarli.


E poi ci sono i casi patologici, di disperati che cercano in rete (sparando cazzate come se ci fosse un alluvione lampo) e "agevolando" le troll farm, di farsi notare. E non hanno fortuna.


Un caso limite è quello di Francesca Totolo, davvero una persona che le ha provate tutte fallendo in ogni luogo e essendo costantemente sputtanata.


La Totolo, mai stata una giornalista, è una "opinionista" del Primato Nazionale (inutile spiegarvi di cosa si parli) e negli ultimi anni (ben prima della pandemia, sia chiaro) ha cercato in tutti i modi di diventare una testimonial dell'estrema destra.


Un lungo, ed estenuante coacervo di razzismo, omofobia e una sfilza di notizie false, volte a procurare allarme. E una serie incredibile di blocchi.


La nostra cara Francesca, la "signora blocca tutti" (perché incapace di sostenere un confronto e perché pericoloso per chi dovrebbe essere intortato tenere commenti sgraditi nelle proprie TL) ha usato i metodi della "bestia di Morisi" (ne parleremo sotto) per cercare di farsi bella!


A parte le incredibili figuracce, il tentativo di strizzare l'occhio prima alla Lega e poi a FDI (che hanno puntato su figure pompeiane come la Chirico, una Totolo che invece ce l'ha fatta eccome pur rimanendo assolutamente spregevole), è rigorosamente fallito.


Amicizie e sponde sbagliate, l'hanno portata addirittura ad essere denunciata per avere vilipeso il presidente Mattarella (a giorni il procedimento): il che ha portato a una chiusura dell'account (poi ricreato con il numero2, la vendetta) e a una cruenta battaglia legale.



Le bufale della Totolo (che ha accusato la sinistra di avere messo in campo del "troll" per bloccarla, quando invece era il contrario, fallendo anche il progetto vittimistico che fa parte della fase due di ogni complottista) sono numerosissime e straordinarie: una lista lunga un chilometro!



Ecco la lista (aggiornata) delle sue bufale fornite da BUTAC

https://www.butac.it/tag/francesca-totolo/


O quando ha finto una aggressione che non c'era


https://saritalibre.it/la-bufala-di-francesca-totolo-aggredita-dai-volontari-di-mediterranea/


Rispetto agli altri, lei è stata emarginata anche dal lato a cui strizzava l'occhio. Infatti in tv è una delle poche che non si vede mai. E' riuscita nell'impresa di farsi mandare via pure da Byoblu e da Messora (accusandoli, dopo la cacciata, di essere pagati da Soros, allego link sotto) tagliando i ponti con il mondo complottista.


https://www.facebook.com/notes/354691449131616/









Schiumante di rabbia ha cominciato a segnalare all'ordine del giornalisti chiunque (ma non l'ha fatto lei direttamente, perché non iscritta all'albo), servendosi di altre persone della galassia complottista.


Infatti, ed è questo un problema enorme e serio, gli ordini non intervengono MAI, o troppo tardivamente. Impastoiati in burocrazie e cretinate varie, prestano il fianco a persone così.


Un altro esempio, poco conosciuto, ma molto pericoloso è Annalisa Marcozzi. Una giornalista che agisce molto su Facebook e che ha una quindicina di profili anche su twitter, ma senza il suo nome. Allo scopo di sostenere disinformazione, fa parte della galassia di Italexit (ha provato anche ad andare in Parlamento), spesso insieme alla Totolo (anche se vigliaccamente nascosta) è stata una creatrice di contenuti disinformatori molto gravi.




E non è, che io sappia, mai stata segnalata all'Ordine: eppure è una persona che questi contenuti li crea. Una vera copywriter, o meglio una ghost writer, di contenuti complottisti. 


Una hater professionista, con la penna in mano. 


Il suo profilo su twittere era,ISTA @Mche10024327,  "politicamente scorretto perché a seguire la corrente...sono bravi tutti!" in cui postava disinformazione, era molto conosciuto anche se di fatto anonimo. E dal 2022, una volta scoperta l'autrice (non era difficile capirlo anche a uno sprovveduto) ha smesso di postare ma non ha mai cancellato.



Ma potrei citare davvero tantissime persone così, che grazie a campagne di bot, hanno inquinato il dibattito pubblico.


Nella seconda parte di questo post lunghissimo vi racconterò e spiegherò alcune storie di bot ai confini della realtà.


STORIE DI TROLL FARM E PROFILI CHE HANNO INGANNATO L'OPIONIONE PUBBLICA

CHI SONO E COSA SONO I BOT



Qualche giorno fa, il #WashingtonPost ha scoperto che la fantomatica #EricaMarsh era stata costruita probabilmente per inasprire i dibattiti, per buttare benzina sul fuoco, aumentando il suo profilo pubblico con una tattica nota come «rage baiting».
Una AI che postava Sembra che dietro ci sia una società di consulenza belga, che fa capo a un certo Michael Zachrau, esperto di marketing digitale e di «social selling», ma ancora si sta facendo chiarezza sul perché e per conto di chi.

Siamo tutti "trollabili"

Per alcuni mesi, il profilo dell'account di Erica Marsh includeva comunque un collegamento a un account Venmo, che avrebbe consentito ai lettori di inviarle denaro, per sostenere le sue battaglie sociali. Milioni di visualizzazioni e persone influenzate da un qualcuno che non è mai esistito...

È un pericolo costante.

Ecco un esempio incredibile di profilo di una persona che NON ESISTE DAVVERO. E che ha influenzato il pensiero di milioni di persone.

In America, non in un paese del terzo mondo. E soprattutto dimostra che tutti siamo "ingannabili"



Ma cosa sono i troll?

Nel gergo del web un troll è un utente dedito a provocare discussioni insultando e stuzzicando gli altri partecipanti a una comunità online. Spesso è possibile vederli in azione in particolare tra i commentatori delle pagine social dei giornali, dove insultano gli altri utenti o prendono posizioni volutamente. Ma questo termine nel tempo ha assunto un significato ben diverso, avvicinandosi a quello della “macchina del fango”, più nota al pubblico italiano. Numerose inchieste hanno svelato infatti una rete di organizzazioni dedite alla creazione e diffusione di notizie inventate, con l’obiettivo di sostenere una particolare politica (è il caso degli articoli a sostegno dell’annessione della Crimea da parte della Russia pubblicati sul sito Sputnik), o di creare caos e divisione (quanto accaduto con i cosiddetti troll di sinistra, che hanno promosso selettivamente temi il cui scopo era creare divisione tra i sostenitori del Partito Democratico statunitense).

Se ho iniziato perché mi davano un sacco di soldi per nulla, quando ho lasciato ho iniziato a capire cosa stavo facendo e quanto fosse sbagliato”. In un’intervista resa a febbraio al New York Times, un ex-dipendente della russa Internet Research Association ha spiegato nel dettaglio il tipo di lavoro che lui e i suoi colleghi erano incaricati di svolgere. Modificare e ripubblicare informazioni, ingaggiare discussioni sui social, sponsorizzare il patriottismo russo evidenziando i difetti degli Stati Uniti: la quotidianità della fonte del giornale era scandita dalla lista di obiettivi che riceveva via mail e che doveva raggiungere dalla sua postazione. “Lavorando in una stanza con altre 40 persone, riceveva un flusso di articoli sui blog provenienti da altri scrittori dell’agenzia - scrive il Nyt -. Il suo lavoro consisteva nell’aggiungere commenti e condividere i post sulle altre piattaforme social. Ciascuno aveva una quota di almeno 80 commenti e 20 condivisioni al giorno”.

Non alimentare i troll

I troll non sono interessati ad avere una vera conversazione. Il loro obiettivo è quello di creare il più possibile una conversazione provocatoria. Un troll non è interessato ad averla vinta. Se inizi a discutere con un troll, il troll ha già vinto. Poiché il troll punta ad avere un’elevata visibilità, impegnandoti in una conversazione stai facendo esattamente ciò che vuole il troll. L’unico modo intelligente per gestire un troll è ignorarlo e non coinvolgerlo in alcun modo. In sintesi, come suggerisce un vecchio detto di Internet, ricordati di non dare da mangiare ai troll!

COSA SONO I BOT

Un bot, dalla parola "robot", è di fatto un piccolo software che esegue automaticamente una operazione online.
Sempre le stesse, senza il bisogno che un umano dia degli ordini. Le loro azioni variano a seconda dello scopo per cui sono stati programmati, analizzano i siti web. Mettono like o retwittano, creando ed alimentando discussioni in modo da aumentarne la diffusione e la popolarità.
Sono tantissime le volte, accertate, in cui i bot sono stati utilizzati in campagne politiche o di pura disinformazione. Li ha usati ampiamente Trump nelle sue campagne elettorali, hanno cercato di disarcionare Macron in Francia, o in Spagna hanno cercato di sabotare e indirizzare la campagna referendaria per l'indipendenza della Catalogna.

Sono vere e proprie intelligenze artificiali che si attivano in base a parole chiave, o vanno sotto un profilo considerato pericoloso.
Rispondono con faccine o frasi tali da sembrare reali. In realtà non esistono davvero e spesso noi, poveri dementi, ci perdiamo giornate intere a cercare di controbatterli.
E' sbagliato! E se non si da da mangiare a un troll, non rispondendogli, bisogna a tutti i costi ignorare e bloccare i bot. Per limitarne i pericoli e per evitare di indirizzare le discussioni verso il baratro.

Un vero pericolo per l'utente sta nel fatto che il bot ci profila, invia informazioni e può aprire anche un canale poco sicuro per noi, per potere accedere al nostro smartphone, al nostro Pc.

Bloccandolo e non rispondendogli lo si neutralizza e si comprende la reale portata di un post.

Il bot può infatti avere il compito di creare un canale, nascosto, per poterci profilare totalmente e rubare dati sensibili. Con software pieni di pericolosi spyware che una VPN potrebbe non difendere da intrusioni dannose.

E' una tipica tecnica russa: loro sanno tutto di noi! Di loro noi sappiamo invece poco o nulla.


Ma chi è stato uno dei primi al mondo a comprendere l'importanza della creazione di troll, bot o cyborg per potere gestire lopinione pubblica, la politica e poi cercare di vendere questi servigi? E' stato un italiano, Luca Morisi con la sua "BESTIA".

Moltissimi anni fa, quando ancora non si comprendevano le potenzialità nefaste dei social network e di internet in genere, Morisi cerco di aggraziarsi Silvio Berlusconi con post e interazioni palesemente false.
Non funzionò, ma si apr+ una strada che lo portò a Matteo Salvini e la Lega, che nel periodo più forte della sua "Bestia" è arrivato al Governo del Paese con i 5STELLE (altri che hanno abusato di questo sistema).


LA STORIA DELLA BESTIA


C’è solo una persona che conosce tutti i segreti del successo di Matteo Salvini e della sua Lega, denordizzata e inserita in tutti gli angoli dell’amministrazione pubblica nazionale, dopo anni di irredentismo padano: Luca Morisi. Digital philosopher si definisce lui, «domatore di consensi» lo chiamano i suoi estimatori. E il secondo epiteto è più azzeccato se si pensa che la trasformazione del Carroccio da partito senza candidati sotto il Po a prima forza politica del Paese è stata possibile grazie alla Bestia. Lo dichiara – nel 2019 – lo stesso ideatore della fabbrica di popolarità virtuale: «Posso dire che è proprio sui social media che è iniziato, in tempi antichi e non sospetti, il passaggio dalla dimensione della vecchia Lega a quella nuova. Già dal 2014, quando Salvini ha assunto il ruolo di segretario, abbiamo iniziato a nazionalizzare la comunicazione. È lì che si è vista tutta la potenzialità che c’era. Di fatto, una rivoluzione copernicana nella Lega e posso dire che i social network sono stati fondamentali».


Morisi ha allevato un software collaborativo per l’automazione delle attività di propaganda sui social, ha addomesticato un team di una quarantina di persone pagate per intercettare i sentimenti della rete, influenzare le interazioni degli utenti e fomentare la loro emotività. Sia chiaro: la Bestia non si basa su alcun algoritmo progettato dal diavolo, la cui forza deriva dall’agire senza mai rivelarsi. La Bestia esiste, si vede, incalza il web a ogni ora del giorno tutti i giorni della settimana, con tecniche di persuasione apparentemente banali. Annunci delle apparizioni salviniane in tv, collage di foto semplici, sovrapposizioni di slogan brevi, tanto impattanti quanto basic dal punto di vista grafico. E ancora, frasi di derisione dell’avversario politico, scatti della quotidianità del segretario per farlo sembrare un utente italiano medio, che mangia pane e nutella, accarezza i gatti e manda agli amici il buongiornissimo kaffè. Una Bestia – solo apparentemente – a due facce, che si scaglia contro l’immigrato sul barcone e si congratula con il cane bagnino che ha salvato il natante in Riviera.


Il domatore Morisi ha dovuto lasciare le redini della Bestia: su di lui pende un’indagine della procura di Verona per detenzione e cessione di sostanze stupefacenti. Dopo aver intasato la rete di post contro la legalizzazione di droghe leggere – coinvolgendo persino il defunto Stefano Cucchi -, Salvini ha mostrato il suo lato social più morbido con il guru della propaganda digitale leghista. «Quando un amico sbaglia – ha scritto su Facebook – e commette un errore che non ti aspetti, e Luca ha fatto male a se stesso più che ad altri, prima ti arrabbi con lui, e di brutto. Ma poi gli allunghi la mano, per aiutarlo a alzarsi. Amicizia e lealtà per me sono la vita». Nessuna condanna, nessun «scusi, lei spaccia?». Anzi, il leader del Carroccio si dice «dispiaciuto della schifezza mediatica che condanna le persone prima che sia un giudice, un tribunale a farlo – perché Morisi – è una gran brava persona, un amico». Ci sono giornalisti che sbattono «il mostro in prima pagina». La Bestia, in fondo, è stata anche questo: garantista con i suoi padroni, giustizialista con la preda di turno da dare in pasto ai propri figliocci. Merita rispetto la vicenda personale di Morisi, che rivendica «delle fragilità esistenziali irrisolte». Ma non ci si stupisca se in fondo al pozzo del web, chi fino a ieri ha avvelenato il dibattito oggi ne resta intossicato. È la Bestia che si morde la coda.


Cos’è e come funziona la Bestia

Il suo nome, prima di tutto. Non sarebbe un’invenzione della stampa: secondo uno degli spin doctor digitali più conosciuti, Alex Orlowski, gli stessi dirigenti della Lega avrebbero iniziato a chiamare così il sistema messo in piedi da Morisi. «Hanno anche registrato un dominio nel 2016, liberalabestia.it», avrebbe verificato Orlowski. E seppure quel sito non fosse stato registrato dal partito, singolare è che, quello stesso anno, da via Bellerio viene lanciato online il sito di informazione salviniana, Il Populista. Sui social della Lega rimbalza a intervalli regolari il claim della nuova testata: «Libera la bestia che c’è in te». Comunque la si chiami, la macchina che Morisi dirige dal 2013 ha al suo interno più artigiani di quanto possa sembrare: «La Bestia è un insieme di software collaborativo, per l’automazione di attività di cross-posting, creazione di grafiche, pubblicizzazione di eventi, monitoraggio di news», spiega. Per farla funzionare, però, servono 35 dipendenti che h24 leggono, confrontano, interpretano i pensieri degli utenti del web. La Bestia non esiste «per fare delle sentiment analysis o aggregare commenti in base ai temi: quella è un’attività che facciamo manualmente, non c’è alcun listening automatico – afferma Morisi -. Dopo tanti anni che viviamo sui social, riusciamo “manualmente” a capire dov’è che devi andare a parare».

Un esercito di utenti da mobilitare sui diversi social

Nonostante Morisi provi a sminuire continuamente l’importanza della tecnologia che sorregge la Bestia, «è tutto basato sul fiuto di Salvini e in parte sulla nostra analisi successiva sul rendimento delle pubblicazioni», il sistema sfrutta dei sistemi informatici che non sono alla portata di tutti. Nel 2014, quando la Bestia era ancora un cucciolo, il team di Morisi mise a punto il Diventa portavoce di Salvini: un tool che permetteva agli utenti che vi si registravano di retwittare automaticamente i contenuti condivisi da Salvini. Non i classici bot, ma persone reali che «accettavano di firmare una cambiale in bianco» illustra il digital philosopher. La Bestiolina, poi, si basava anche sull’uso di Telegram, dove venivano spammati i contenuti del segretario. Oggi che la Bestia è diventata grande, gli automatismi non sono più necessari: esemplificativo è il caso del gruppo Facebook Salvini Leader – quasi 100 mila iscritti – dove vengono mobilitate migliaia di persone reali a scrivere di un argomento, commentare una notizia, partecipare a iniziative. Un fan club in cui si annidano anche i cosiddetti troll: utenti che possiedono più di un account, si organizzano sui gruppi segreti – su Facebook, Telegram o Whatsapp – e iniziano a commentare un determinato post, per schernire gli avversari della Lega o per difendere il proprio leader. E di fanbase salviniane pullula il web: Epica del Capitano, Esercito di Salvini, Msl, solo per citarne alcune.

I primi esempi di gamification politica in Italia

Morisi smentisce di aver mai usato dei bot per alterare l’algoritmo dei social, diverse fonti giornaliste dicono il contrario. Di fatto, però, la Bestia è un sistema complesso nel quale interagiscono strumenti e strategie multiple. Tralasciando l’eventuale falange di account falsi, l’innovazione vera della Bestia è stata quella di creare un ecosistema pervasivo in grado di raggiungere sempre nuovi utenti, persino i giovanissimi di TikTok. E per far interagire le persone poco avvezze ai social, Morisi e i suoi hanno raccolto migliaia di sottoscrizioni alle mailing list, farcite di link ai post social di Salvini. Un fuoco di interazioni che si autoalimenta e che gli algoritmi del web apprezzano particolarmente. Come l’antesignano Diventa portavoce di Salvini, la Bestia ha generato un’altra innovazione nella comunicazione politica: il Vinci Salvini. Un giochino social semplice semplice: più like un account mette ai post del segretario, più possibilità ha di vincere o la condivisione una sua foto sulla pagina ufficiale di Salvini, o una telefonata con il Capitano o l’opportunità di bere un caffè insieme a lui. La gamification entra a far parte della propaganda in Italia.

Call to action community bulding

Nelle spiegazioni fornite dallo stesso Morisi, la Bestia altro non è che un sistema tecnologico proprietario creato ad hoc per analizzare il sentiment della rete, monitorare l’andamento dei post di Salvini, osservare le keyword, analizzare i dati delle pagine correlate alla Lega. Nulla di diverso dai tool che utilizzano i social media manager di tutto il mondo. Per questo, è da considerarsi la Bestia vera e propria tutto il sistema della propaganda salviniana e il team che lo gestisce. E poi sì, la Bestia ha plasmato un proprio gergo, una propria identità grafica, scopiazzata dagli altri partiti dell’arco parlamentare, anche di sinistra. L’abuso della punteggiatura esclamativa e del maiuscolo. Un profluvio di emoticon e di citazioni boomeristiche. Niente comunicati stampa freddi e asettici. Ancora, un occhio mediamente attento si accorge della rigorosa alternanza nella tipologia dei post. Call to action community bulding, poi, sono il mantra dei discepoli di Morisi.

Il circolo virtuoso che fa rimbalzare i contenuti tra tv, rete e territorio

La formula trt – tv, rete, territorio – poi, è la trinità alla quale si è vocata la Bestia: quando Salvini sta per comparire in televisioni, sui social viene aizzata la schiera dei suoi fan a seguire il programma. Durante la messa in onda, live tweeting, commenti ed estratti degli interventi contribuiscono a creare hype attorno alla trasmissione. E più si alza l’audience, più spesso il leader viene richiesto sui media. «Spolpare ogni evento o citazione importante su altri media fino all’osso, in un gioco di specchi», è il comandamento di Morisi. La Bestia non ha paura, infine di sconfinare in ambiti extra-politici per avvicinare il segretario al popolo: «Eterodossia per comunicare la tua ortodossia», meglio se fatto polemicamente, poiché la polemica incentiva il botta e risposta e, dunque, aiuta a colonizzare il dibattito pubblico. Questi accorgimenti, che richiedono un personale sempre connesso e tarato sulla stringente attualità, hanno reso Salvini il leader politico più seguito in Europa su Facebook e Instagram. La loro essenza è arte politica e abilità nella comunicazione umana, non un diabolico algoritmo segreto. La Bestia, anche se orfana di Morisi, resta lo strumento di propaganda politica in Italia più pervasivo dell’ultimo decennio.


LA DISINFORMAZIONE COSTANTE DELLA RUSSIA: L'INTERNET RESEARCH AGENCY

 Qualche anno fa a San Pietroburgo, in Russia, aprì l’Internet Research Agency, più nota come “fabbrica di troll”, che secondo un’indagine del dipartimento della Giustizia statunitense interferì nella campagna elettorale statunitense del 2016.

Formata inizialmente da circa 25 impiegati, l’Internet Research Agency nacque con lo scopo di usare Internet, in particolare i social network, per creare e diffondere notizie false. Prima si occupò della guerra in Ucraina e della propaganda in Russia, poi con l’inizio della campagna elettorale americana cominciò a operare per minare la fiducia nel sistema democratico ed elettorale statunitense, alimentare le divisioni tra gruppi ideologici e appoggiare la candidatura a presidente di Donald Trump, a discapito di quella di Hillary Clinton. Secondo le accuse di molta stampa occidentale e del sistema giudiziario statunitense, l’operazione della “fabbrica di troll” di San Pietroburgo, costata milioni di dollari, fu avviata da Yevgeny Prigozhin, chiamato “lo chef del Cremlino” e con legami con il presidente russo Vladimir Putin, e raggiunse risultati a suo modo notevoli.

Prighozin (ultimamente salito agli onori delle cronache(ha intuito le potenzialità della disinformazione sul web come parte della guerra ibrida, allungando tentacoli in quel mondo di fake e hackeraggio attraverso il quartier generale di San Pietroburgo della “fabbrica di troll” con cui avrebbe influenzato le elezioni americane del 2016 (per questo è stato sanzionato a Washington con altri 12 campioni della disinformazione in salsa russa).


Un’idea che nel 2022 è stata confermata dallo stesso Prigozhin il quale, in un commento pubblicato sul social network VKontakte (l’equivalente russo di Facebook) dall'Ufficio stampa della sua società di catering, ha affermato: “Abbiamo interferito, stiamo interferendo e continueremo a interferire. Con attenzione, accuratezza, precisione chirurgica, come sappiamo fare”

Negli ultimi giorni sono venuti fuori nuovi dettagli sul funzionamento della “fabbrica di troll” di San Pietroburgo: sia per un documento di 37 pagine presentato dal procuratore speciale statunitense Robert Mueller, a capo dell’indagine sulle presunte interferenze russe nella campagna elettorale americana del 2016, sia per le testimonianze di ex impiegati della fabbrica riportate da alcuni importanti giornali americani.

Le indagini di Mueller e le inchieste giornalistiche hanno mostrato come il lavoro della “fabbrica di troll” non si fermasse mai: gli impiegati – poche decine all’inizio, diverse centinaia poi – lavoravano giorno e notte per creare account di Twitter e Facebook con i quali far circolare notizie false e per organizzare eventi e manifestazioni dovunque fosse utile e possibile. All’interno della fabbrica c’erano diverse sezioni: per esempio c’era quella dei troll dedicati al pubblico russo e quelli che invece lavoravano in inglese, per entrare in contatto direttamente con gli elettori americani.

Aleksei, uno dei primi 25 troll assunti dall’Internet Research Agency, ha raccontato al New York Times che il suo primo incarico fu scrivere un documento sulla “Dottrina Dulles”, cioè su una teoria cospirazionista molto nota in Russia secondo la quale negli anni Cinquanta l’allora direttore della CIA, Allen Dulles, avrebbe cercato di distruggere l’Unione Sovietica corrompendo i suoi valori morali e le sue tradizioni culturali. Aleksei, affidato al dipartimento che si rivolgeva ai russi, ha detto che a tutti i nuovi impiegati veniva chiesto di creare tre account su Live Journal, una nota e popolare piattaforma dove viene caricato un po’ di tutto, da usare poi per diffondere materiale e informazioni false, soprattutto sulla guerra in Siria, su quella in Ucraina orientale, sulla politica russa e sul presunto ruolo degli Stati Uniti nella diffusione del virus ebola (una delle tante teorie cospirazioniste che circolano sugli Stati Uniti, e che sono false). Dopo che veniva pubblicato un contenuto, ha raccontato Aleksei, quel post veniva ripreso dalla miriade di account falsi creati soprattutto su Facebook e faceva decine di migliaia di visualizzazioni.

Secondo Marat Mindiyarov, ex troll sentito dal Washington Post, lavorare nella fabbrica di San Pietroburgo era come stare dentro al libro 1984 di George Orwell, «un posto dove devi scrivere che il bianco è nero e che il nero è bianco». Mindiyarov ha raccontato per esempio che ai tempi del crollo del valore del rublo, la moneta russa, le indicazioni erano di raccontare «quanto la vita fosse fantastica, quanto forte fosse il rublo, questo tipo di assurdità». I turni di lavoro erano di 12 ore, dalle 9 di mattina alle 9 di sera: «Arrivavi e passavi tutto il giorno in una stanza con le tapparelle chiuse e 20 computer. C’erano diverse stanze su quattro piani. Era come una catena di montaggio, tutti erano impegnati, tutti stavano sempre scrivendo qualcosa. Avevi la sensazione di andare in fabbrica, non in un posto creativo». Mindiyarov ha raccontato anche che a un certo punto gli fu proposto di andare a lavorare nella sezione che si occupava della propaganda per gli americani: lui accettò di provare – avrebbero pagato il doppio – ma non superò l’esame preliminare previsto, perché non aveva una conoscenza perfetta dell’inglese: ed era importante che nessuno si accorgesse che era uno straniero, gli dissero.

Per influenzare la campagna elettorale americana, l’Internet Research Agency adoperava soprattutto tre strumenti: account falsi sui social media, organizzazione di manifestazioni reali e promozione di pubblicità online con contenuti politici. Gli account – come per esempio “Tennessee GOP”, ancora parzialmente reperibile – si occupavano dei temi più caldi della campagna elettorale, tra cui immigrazione, Islam e diritti dei neri. Una delle cittadine russe accusate dall’indagine guidata da Mueller, Irina Viktorina Kaverzina, scrisse una email a un suo familiare dicendogli: «Ho creato tutte queste fotografie e post, e gli americani hanno creduto che fossero scritti dalla loro gente».

Alcuni di questi account, poi, promuovevano manifestazioni e proteste organizzate dalla stessa fabbrica di troll sotto falso nome. Il New York Times ha individuato almeno 8 manifestazioni pianificate e promosse dall’Internet Research Agency tra il giugno e il novembre 2016: a New York, Washington, Charlotte, ma anche in alcune città della Florida e della Pennsylvania. In diverse occasioni queste manifestazioni furono organizzate in coordinamento con lo staff della campagna elettorale di Trump: non ci sono prove però che i collaboratori di Trump sapessero a chi appartenevano veramente questi account.

La reazione degli impiegati della fabbrica dei troll, dopo averci lavorato per uno o più anni, non fu uguale per tutti. Alcuni, come Aleksei sentito dal New York Times e Mindiyarov sentito dal Washington Post, decisero di dimettersi perché non sopportavano più quello che facevano. Altri invece no. È il caso di Sergei – un altro ex troll russo che ha parlato con il New York Times – che ha raccontato che lavorando nella fabbrica è diventato «più patriottico». Ha detto di avere capito quanto la Russia sia costretta a combattere ogni giorno con le potenze straniere, soprattutto con gli Stati Uniti, per ottenere il controllo delle risorse naturali. «Ho cominciato a essere cosciente delle ragioni dei problemi del mondo. Ora credo che il male sia l’élite che controlla il sistema della Federal Reserve [la banca centrale americana] negli Stati Uniti», ha detto Sergei, che ha aggiunto di essere diventato un uomo nuovo e di avere cambiato idea su moltissimi fatti del mondo.


Nel gennaio 2012 un gruppo di attivisti che si autoproclamava il braccio russo di Anonymous pubblicò una massiccia raccolta di e-mail che apparentemente appartenevano a ex e attuali leader dell'organizzazione giovanile del Cremlino Nashi (compreso un certo numero di funzionari governativi).

 I giornalisti che hanno indagato sulle informazioni trapelate hanno scoperto che il movimento pro-Cremlino si era impegnato in una serie di attività tra cui il pagamento di commentatori per pubblicare contenuti e dirottare le valutazioni dei blog nell'autunno del 2011.

 Le e-mail indicavano che i membri delle "brigate" venivano pagati 85 rubli (circa 3 dollari americani) o più per commento, a seconda delle risposte ricevute. Alcuni sono stati pagati fino a 600 000 rubli (circa 21 000 dollari americani) per aver lasciato centinaia di commenti su articoli di stampa critici nei confronti della Russia e di Putin. Un certo numero di blogger di alto profilo sono stati anche menzionati come pagati per promuovere le attività di Nashi e del governo in carica. La Federal Youth Agency, il cui capo (e l'ex leader di Nashi) Vasily Yakemenko, che era l'individuo di grado più alto preso di mira dalle fughe di notizie, ha rifiutato di commentare l'autenticità delle e-mail.[

Nel 2013, un rapporto della Freedom House ha dichiarato che 22 dei 60 paesi esaminati utilizzavano commentatori pro-governativi retribuiti per manipolare le discussioni online e che la Russia è stata in prima linea in questa pratica per diversi anni, insieme a Cina e Bahrain.

Nello stesso anno, i giornalisti russi hanno indagato sull'Internet Research Agency di San Pietroburgo, che impiegava almeno 400 persone. Hanno scoperto che l'agenzia ingaggiava segretamente i giovani come "operatori di Internet" pagati per scrivere commenti pro Cremlino, screditando il leader dell'opposizione Alexei Navalny e la politica e la cultura degli Stati Uniti.[28][29]


Per evitare sospetti le brigate del web molte volte lasciano le loro osservazioni politiche su articoli neutri su viaggi[29], cucina e animali domestici e s'intasano le sezioni dei media per rendere impossibile un dialogo significativo


n una giornata lavorativa media, i lavoratori devono pubblicare commenti su almeno 50 notizie. Ogni blogger deve mantenere sei account Facebook che pubblicano almeno tre post al giorno e discutere le notizie in gruppi per almeno due volte al giorno. Entro la fine del primo mese, ci si aspetta che abbiano ricevuto 500 nuovi iscritti e ottenuto almeno cinque commenti per ogni articolo. Su Twitter, i blogger sono tenuti a gestire 10 account con un massimo di 2 000 follower e twittare 50 volte al giorno.[41]

I casi italiani: Una Ira italiana?

Nella notte tra il 27 e il 28 maggio una rete di falsi account Twitter ha promosso e diffuso la richiesta di dimissioni del capo dello Stato sostenuta in quei giorni da Luigi Di Maio (poi ritirata). In poche ore il numero di ‘persone’ e di commenti schierati contro Mattarella è aumentato vertiginosamente. Il tentativo, inizialmente attribuito all’agenzia con sede a San Pietroburgo, sembra però che sia partito dall’Italia, secondo quanto riportato dagli inquirenti.


A sostegno della pista russa il fatto che, negli stessi giorni in cui si è appreso che l’hashtag #MattarellaDimettiti era stato pesantemente coadiuvato da dei finti account su Twitter, il sito americano fivethirtyeight.com ha reso pubblico un elenco contenente 3 milioni di tweet prodotti dall’Ira. In realtà si scoprirà che quei profili erano stati disattivati prima dell’attacco a Mattarella, vittima invece dell’attenzione di 400 finti utenti sul medesimo social network che molto probabilmente hanno lavorato in modo autonomo e automatizzato. Anche se resta da capire chi abbia voluto promuovere questa campagna, sembra che almeno stavolta dietro gli schermi non ci sia nessun giovane impiegato.



Ma allora chi è stato ad ‘attaccare’ via Twitter il capo dello Stato nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2018? Oggi Alessandro Pansa, direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza riferisce al Copasir e – scrive la Stampa – sostanzialmente dirà che non è stata individuato un nesso con l’attività degli ormai famigerati troll russi. Non sarebbero stati loro a creare in pochi minuti 400 account Twitter per ‘bombardare’ via social il presidente Mattarella con insulti e commenti negativi. E allora, chi è stato, e per conto di chi?

La storia in breve

La Procura di Roma ha aperto un fascicolo d'indagine sugli attacchi via social al presidente della Repubblica avvenuti durante la fase politica più concitata che ha preceduto la formazione del nuovo governo, quella della nomina al ministero dell'Economia di Paolo Savona, fermata come noto dal capo dello Stato. Il sospetto degli inquirenti è (o è stato in un primo mento) che dietro l'attacco informatico possa esserci (potesse esserci) la regia di troll russi. Il giorno, anzi, la notte, del gran rifiuto di Mattarella sulla nomina di Savona, su Twitter si scatenò una tempesta.

Con un obiettivo ovvio: sostenere la richiesta di dimissioni del capo dello Stato sostenuta in quei giorni da Luigi Di Maio (poi ritirata) e dimostrare che la Rete era tutta schierata su questa linea. In altre parole: far aumentare vorticosamente il numero di ‘persone’ e di commenti schierati contro Mattarella. Un tentativo studiato a tavolino e messo in atto da un gruppo di troll, di ‘smanettoni’ informatici. Il caso è stato svelato dal Corriere della Sera  il 3 agosto. Migliaia di profili Twitter cominciarono improvvisamente a bombardare la Rete con la stessa parola d'ordine: #MattarellaDimettiti.

Ha scritto il Corriere il 3 agosto: "In quel momento un dettaglio sfuggiva a tutti: almeno una ventina di profili Twitter coinvolti nella campagna digitale contro il capo dello Stato avevano una storia controversa. Probabilmente anche più di venti. Nel passato recente quei profili su Twitter, che appartengono a italiani del tutto ignari, erano stati usati una o più volte dalla Internet Research Agency (Ira) di San Pietroburgo per far filtrare nel nostro Paese la propria propaganda a favore dei partiti populisti, dei sovranisti e degli anti-europei. Gli stessi account - prosegue il Corriere - che fino a poco più di un anno prima erano stati rilanciati, fatti balzare e a volte sollecitati a intervenire sulla rete da parte di agenti russi sotto copertura, adesso stavano attaccando Mattarella".


Il Corriere rivelò che "su questo non c'è più alcun dubbio", in quanto si tratta di una delle "conclusioni dall'analisi a campione di circa due terzi dell'enorme banca dati sull'attività dell'Ira pubblicata nei giorni scorsi dal sito americano 'Firethirtyeight'. I dati, quasi tre milioni di tweet, sono parte dell'archivio studiato dal procuratore speciale Robert Mueller, che indaga sulle interferenze russe nelle presidenziali del 2016 e nella politica americana in genere".  

Lo "snodo di Milano"

Raccontando che alcuni profili Twitter utilizzati nel maggio scorso per l’attacco  risultano ancora attivi. “L’analisi del traffico e dei contenuti effettuata in queste ore dagli specialisti della polizia Postale e dell’intelligence – scrive il Corriere - dimostra che questi account continuano a «monitorare» quanto accade nel dibattito politico e spesso utilizzano lo stesso hashtag #mattarelladimettiti, come strumento di pressione”.

Ma oggi c'è una novità. Scrive ancora il Corriere: “Al Parlamento il capo dell’intelligence consegnerà un dossier che ricostruisce quanto accaduto la notte tra il 27 e il 28 maggio. 

Evidenziando come quel bombardamento di tweet non abbia nulla a che fare con il Russiagate, cioè con i troll di Mosca che sarebbero stati utilizzati per influenzare la campagna negli Stati Uniti che ha portato all’elezione di Donald Trump. Del resto la prima traccia utile trovata dagli specialisti avvalora la possibilità che a generare l’operazione sia stato un account creato sullo «snodo dati» di Milano”.

Le analisi degli inquirenti avrebbero anche stabilito che le menti dell’attacco social avrebbero poi usato server situati in Estonia e Ucraina. Chi è, se non i troll russi (quelli del Russiagate, per capirci, che hanno condizionato le ultime elezioni presidenziali americane favorendo Donald Trump), ad aver architettato da Milano la tempesta su Twitter per far dimettere Mattarella?

e avete un profilo su Twitter e frequentate il social dei 280 caratteri, nelle ultime settimane avrete certamente notato la comparsa di numerosi profili con l’emoji di un mattone inserita nel nome utente. All’inizio erano solo poche decine, ma con il passare dei giorni il numero di mattoni è cresciuto esponenzialmente, arrivando a coinvolgere account piuttosto seguiti, come Marco Gervasoni, docente di Storia contemporanea all’università del Molise e collaboratore de Il Giornale.

L’emoji del mattone che compare nei nickname

I “mattonisti”, come hanno deciso di farsi chiamare, sono oggi un gruppo eterogeneo composto da diverse centinaia di account Twitter in lingua italiana, accomunati dal forte utilizzo di post-ironia – un registro che mescola intenti seri e ironici, rendendo indistinguibile la differenza tra i due – e dalla condivisione di meme provocatori e di bassa qualità (quello che in gergo viene definito “shitposting”).

Un mix all’apparenza innocuo, ma dietro il quale affiorano in alcuni messaggi battaglie care al conservatorismo o all’estrema destra come l’antiabortismo, la transfobia e il rigetto delle norme di distanziamento sociale. Un’impostazione politicamente connotata che ha portato diversi commentatori a sostenere la tesi secondo cui si tratterebbe in realtà dell’ultimo tentativo di portare in Italia linguaggi e modalità di comunicazione propri dell’alt-right, la destra “alternativa” nata su 4chan che nel 2016 ha contribuito in maniera decisiva all’elezione di Donald Trump (ne avevamo parlato in un podcast dedicato alla teoria complottista QAnon).

Ma oltre a ciò, i “mattonisti” sono in realtà un collettivo nato su Twitter con l’intento di “rompere Internet” e che si organizza attraverso un canale Telegram per mandare in tendenza alcuni hashtag prestabiliti. Parole d’ordine d’impronta per lo più reazionaria, che sono state nel tempo riprese da politici di spicco e media nazionali e che hanno contribuito alla narrazione mediatica di “battaglie nate sul web” mai esistite, perché create artificialmente.

L’ascesa dei mattonisti

Quello degli utenti con un mattone nel nickname è diventato un fenomeno degno di nota lo scorso 16 febbraio, quando al primo posto tra le tendenze di Twitter (ovvero le parole chiave più utilizzate dagli utenti) è comparso l’hashtag #BastaLockdown. La particolarità di questa tendenza, come ha notato il digital strategist Pietro Raffa, è che l’hashtag è stato spinto da appena 357 profili e che i tre utenti più attivi lo hanno utilizzato quasi mille volte in poche ore (come ha rilevato Matteo Flora, hacker e noto commentatore di dinamiche social).

Si tratta insomma di un 

tweet bombing(o tweetstorm), una pratica spesso utilizzata nel marketing e nell’attivismo digitale per manipolare l’algoritmo di Twitter, pubblicando tanti contenuti con la stessa parola d’ordine per farla apparire in tendenza. In questo caso la parola prescelta era #BastaLockdown e a portarlo in vetta sono state poche centinaia di utenti, tutti con il mattone nel nick. L’operazione ha riscosso un discreto successo, tanto da permettere all’hashtag di restare in tendenza anche senza il sostegno artificiale del tweet bombing e di essere utilizzato in un tweet del 16 febbraio da Angelo Ciocca, europarlamentare della Lega.

Il mistero dei mattonisti

Dopo il successo di #BastaLockdown, molti commentatori su Twitter hanno iniziato ad interrogarsi circa l’identità dei mattonisti e sulle loro reali intenzioni. Del resto, ci troviamo di fronte a centinaia di utenti organizzati, che condividono codici linguistici e simboli. Oltre al mattone nel nick, i profili che si riconoscono in questo gruppo utilizzano frasi standard come «Sherlock Holmes della soia» (quiqui e qui), per riferirsi a quanti pubblicano dall’esterno notizie o approfondimenti sull’organizzazione (la parola “soia” viene utilizzata negli ambienti dell’estrema destra online per definire gli uomini considerati poco virili, dal momento che questo legume contiene fitoestrogeni e dunque ormoni sessuali femminili) e rimandano ogni spiegazione sulla natura dell’operazione ad una inesistente diretta Twitch. Nella maggior parte dei casi, i mattonisti sostengono (quiqui e qui) di essere semplici appassionati di scacchi.

Tra le prime ipotesi formulate su Twitter c’è quella secondo cui il mattone nel nome utente sarebbe in realtà un riferimento ironico ai “costruttori” – ovvero ai politici che con spirito di responsabilità volessero fare fronte comune per il bene dell’Italia – invocati il 31 dicembre 2020 da Sergio Mattarella nel discorso di fine anno. Un tentativo più serio di ricostruzione dei fatti è invece quello che arriva da Mazzetta, storico utente di Twitter e commentatore dei fatti d’attualità, che il 18 febbraio ha collegato la genesi del mattone a una minaccia nei confronti dei giornalisti. L’emoji del mattone è stata infatti utilizzata nel 2018 da numerosi esponenti dell’alt-right americana per mostrare pubblicamente il proprio odio nei confronti dei giornalisti, accusati di fabbricare notizie false per screditare Donald Trump.

Come forma di protesta per questa associazione con la destra americana, il 18 febbraio i mattonisti hanno lanciato l’hashtag #SiamoTuttiMattonisti (una parodia degli hashtag in solidarietà o in difesa di un’idea, sulla falsariga di #JeSuisCharlie, utilizzato nel 2015 dopo gli attacchi terroristici contro la redazione francese di Charlie Hebdo).

Chi sono realmente i mattonisti

La pista della minaccia ai giornalisti – e dunque di un tentativo di portare l’alt-right nel contesto italiano – è certamente suggestiva, ma si tratta di una semplice coincidenza.

Analizzando i profili degli utenti più prolifici nel tweet bombing #BastaLockdown, scopriamo che il nodo principale dell’organizzazione (quello che collega e tiene insieme più mattonisti) è un utente il cui nome è wojak, profilo molto attivo su TwitterFacebook e Reddit, una sorta di punto di riferimento per i meme di estrema destra in italiano. Si tratta naturalmente di uno pseudonimo, basato sul meme di una figura chiamata “Wojak”, diventato popolare nell’alt-right americana attorno al 2018. 

Come spiegato dal New York Times, per lungo tempo Wojak è stato un contenuto non connotato politicamente, utilizzato per esprimere tristezza e solitudine. Dal 2018 i supporter di Donald Trump hanno però iniziato a far circolare una versione modificata del meme chiamato “Ncp Wojak”, con la faccia grigia, il naso appuntito e un’espressione facciale priva di emozioni.

Questo nuovo contenuto è diventato una sorta di parodia satirica degli elettori liberali, identificati come degli “Npc” (Non-Player Character), ovvero i personaggi dei videogames che non possono essere utilizzati dai giocatori. Secondo gli elettori di Trump, insomma, gli elettori di sinistra non sarebbero in grado di pensare con la propria testa, facendo la parte di semplici comparse senza ruolo. 

Tornando ai mattonisti, il 16 febbraio 2021 l’utente wojak è stato il più attivo nel diffondere l’hashtag #BastaLockdown e scorrendo il suo profilo abbiamo trovato il riferimento ad un omonimo canale Telegram, in cui oltre 500 persone si organizzano per creare artificialmente le tendenze su Twitter. Com’è possibile verificare scorrendo i contenuti pubblicati sul canale, la scelta dell’hashtag avviene spesso attraverso un sondaggio e il risultato della mobilitazione social è straordinariamente efficace. 

Un esempio di sondaggio per la scelta dell’hashtag da mandare in tendenza

Il 14 dicembre 2020, ad esempio, wojak chiedeva ai suoi seguaci su Telegram di “dirottare” l’hashtag #donaVaccinoaunMigrante, nato con lo scopo di permettere ai migranti irregolari – e quindi privi di assistenza sanitaria – di vaccinarsi. Come raccontato il giorno successivo da Giornalettismo (senza però ricondurre la dinamica ad un attacco organizzato) «l’hashtag #donaVaccinoAUnMigrante è velocemente risalito su Twitter e in molti commentano indignati i contenuti che vengono veicolati, principalmente razzisti e offensivi nei riguardi dei migranti». L’operazione di associare all’hashtag contenuti intolleranti è da attribuire ai mattonisti e alla loro attività sul social network.

Nella maggior parte dei casi, comunque, gli hashtag da promuovere all’interno del network vengono creati da zero. Il 2 gennaio 2021, ad esempio, l’ordine impartito su Telegram era quello di mandare in tendenza l’hashtag #IoStoConIvanFavalli, per supportare l’imprenditore di Padenghe sul Garda che la notte di San Silvestro aveva organizzato un veglione nel suo resort, contravvenendo alle misure di contenimento anti-coronavirus. Lo stesso giorno Favalli ha scritto su Twitter di aver «pianto per l’emozione» dopo il sostegno ricevuto sul social network.

L’11 gennaio è stato il turno di #IoStoconLibero, mandato in tendenza come gesto di solidarietà per la temporanea limitazione dell’account Twitter del quotidiano fondato da Vittorio Feltri. La notizia dell’hashtag viene riportata il giorno successivo proprio da Libero

Il 26 gennaio i mattonisti hanno lanciato l’hashtag omotransfobico #SoloDueGeneri, nato con l’intento di negare l’esistenza di identità di genere che non si rispecchiano nella contrapposizione binaria tra uomo e donna. L’hashtag ha ottenuto un’enorme riscontro di pubblico, tanto da essere rilanciato dal senatore leghista Simone Pillon e da comparire in un articolo de Il Giornale dal titolo «Ora #SoloDueGeneri diventa virale. E i progressisti si scandalizzano» (poi ripreso dal sito di disinformazione Vox News).

La più grande impresa dei mattonisti risale però al 28 gennaio, quando il canale Telegram decidere di promuovere la battaglia di #VogliamoVotare, per chiedere al presidente Mattarella di sciogliere le camere e indire nuove elezioni. Anche questa volta l’hashtag viene creato all’interno del gruppo e il giorno successivo finisce per essere utilizzato dalla comunicazione di Matteo Salvini, che ne cavalca il seguito. Nelle stesse ore il quotidiano Il Secolo d’Italia ha pubblicato un articolo dal titolo «#VogliamoVotare in tendenza su Twitter: “Perché Mattarella non consulta gli italiani?”», identificando la tendenza Twitter con l’espressione della volontà popolare.

Ma chi sono, dunque, i mattonisti? Riprendendo la definizione pubblicata il 15 gennaio 2021 su Twitter da uno dei membri di spicco del gruppo (che risponde al messaggio di un altro esponente dei mattonisti, ora cancellato), si tratta di un «collettivo» il cui nome «cambia in continuazione» in modo tale che «qualche giornalista con troppo voglia di lavorare» non ne scopra le attività. 

Il tweet di uno dei membri del “collettivo”

Il riferimento al mattone è dunque del tutto temporaneo ed è stato scelto il 14 gennaio 2021 dopo un tweet in cui il mattonista @FelipeKarmelo scriveva: «Il nostro ruolo su internet sia quello di un mattone in una lavatrice». Cosa fa un mattone in una lavatrice? La rompe, come testimonia uno dei video più virali nella storia di Internet (visibile ad esempio qui), spesso pubblicato dai membri del gruppo.

In conclusione

Molti utenti su Twitter hanno iniziato a inserire nel nome utente l’emoji di un mattone. Si tratta di un gruppo eterogeneo accomunato da sottile ironia e meme provocatori, che il 16 febbraio ha condiviso in massa l’hashtag #BastaLockdown. 

Contrariamente alle prime ricostruzioni fatte su Twitter, il mattone non serve a deridere i costruttori invocati da Sergio Mattarella nel discorso da fine anno e nemmeno a minacciare i giornalisti. 

È in realtà il simbolo di un collettivo di troll che attraverso Telegram crea tendenze che diventano velocemente molto popolari su Twitter e che rilancia battaglie care all’estrema destra. I contenuti creati in questo modo (e quindi artificialmente) finiscono spesso per essere rilanciati da politici e mezzi d’informazione, che erroneamente li interpretano come espressioni di un sentimento diffuso o comunque come un fenomeno nato spontaneamente.


La guerra sporca di troll e fake contro il governo PD-M5S


Da una parte c’è Luca Morisi che sembra solo voler girare il coltello nella piaga su Facebook: “Le pagine grilline sono letteralmente SEPOLTE da commenti durissimi e insulti irripetibili riguardo il governo Pd-5 Stelle. Mai vista una simile, totale e virulenta contrarietà, siamo a livello di suicidio politico: per evitare le urne elettorali rischiano di passare direttamente alle urne funerarie”. Dall’altra ci sono profili social che rimediano un sacco di like e, nota Fabio Tonacci su Repubblica,  “hanno caratteristiche che li accomunano più a troll manovrati ad arte che a fan sinceramente delusi: lista degli amici nascosta, alti livelli di privacy, pochi messaggi e foto personali, bacheche piene di immagini di cani e gatti”.


Il dissenso di buona parte dei grillini per il governo PD-M5S è autentico e innegabile, trabocca da ogni luogo social e non promette nulla di buono nell’ottica del voto su Rousseau che dovrebbe ratificare l’accordo. Ma, spiega il quotidiano di Carlo Verdelli, sotto alla cenere potrebbe esserci qualcosa di più:


Il 22 agosto Di Maio pubblica su Facebook il suo discorso al Quirinale, pronunciato dopo l’incontro con il Capo dello Stato. In poche ore accumula 17 mila commenti. Il più popolare (4.300 like) è quello di Ciccio M. («Voi dovevate essere il cambiamento, siete diventati esattamente come gli altri…»), che non è un profilo fake, anche se non è il grillino che ti aspetti, considerati i suoi interessi e il gradimento per un discorso dell’ex calciatore Paolo Di Canio sulla destra fascista e sociale.


C’è Michele G., sedicente sostenitore M5S, che scrive «Tassativo, come ha sempre detto Luigi: mai con il partito di Bibbiano, comunque fino a martedì perché non consultate noi elettori?», guadagnandosi 1497 like: dal suo profilo (chiuso) si scopre che segue, oltre a quella di Di Maio, le pagine di Salvini e di “Nessuno tocchi Salvini”.


Poco sotto Anna B., a cui piace la Lega Giovani: «Stop Inciucio M5S/Pd» (1.503 like). Seguono altri commenti molto cliccati: quelli di Carmen C., profilo chiuso e sette amici appena, di Silvia C. che è fan di Salvini, di Luigi C., leghista e animalista. Sono profili a volte privi della foto di presentazione dell’utente. Scendendo in profondità nel dibattito della cosiddetta base grillina, dunque, si ha l’impressione che ci sia un po’ di “inquinamento” eterodiretto, con l’obiettivo di amplificare, si potrebbe dire “dopare”, la voce della dissidenza interna.


C’è la solita manina che vuole fermare l’alleanza di governo? Gli addetti ai social del M5S, sentiti dal Fatto Quotidiano, non se ne sono accorti e sentenziano che l’80, 90 per cento degli interventi è contro l’accordo:


UN DATO RILANCIATO nelle riunioni interne da Pietro Dettori, membro dell’associazione Rousseau, vicinissimo a Davide Casaleggio e tra i più stretti collaboratori e consiglieri di DiMaio. Nonché uno dei principali fautori del ritorno del Movimento con la Lega, per cui spinge in silenzio anche l’erede di Gianroberto. L’asse milanese del M5S insomma tifa per una difficile riappacificazione con il Carroccio. E a sostegno può mostrare i segnali dal web, un responso pesante nel loro mondo. Tornare con la Lega non dispiacerebbe neanche allo stesso Di Maio, a determinate condizioni (anche se il capo politico giura di non aver mai risposto alle offerte di Matteo Salvini, pronto a concedergli la poltrona di presidente del Consiglio).


Per questo il nome di Conte serve per chiudere l’accordo e avere una speranza di vittoria. Un’eventuale intesa con i dem andrebbe comunque votata dagli iscritti sulla piattaforma Rousseau. “E con questi numeri, l’unico nome come premier che ci permetterebbe di reggere il vaglio dei nostri è quello di Giuseppe Conte”riflettono ai piani alti. O forse quello di Di Maio, ma questo per adesso non lo dicono dritto.

Dall’altra parte però ci sono gli eletti grillini. E quelli, chissà perché, hanno idee molto diverse dagli attivisti o presunti tali. Ieri l’onorevole Giuseppe Brescia lo ha ricordato via social ai vari Bugani, Paragone, Di Battista. Ma anche lui è finito sommerso dalle risposte negative. Il problema però è che, scrive Federico Capurso su La Stampa, i parlamentari del Movimento 5 stelle sono pronti a chiedere la testa di Luigi Di Maio, se il capo politico farà naufragare la trattativa con il Pd e porterà le truppe a nuove elezioni.

Ancora una volta, il gruppo parlamentare lancia un segnale al capo. Prima vengono attaccati i pochi che appoggiano la ricucitura con il Carroccio, tra cui Alessandro Di Battista, Max Bugani, Stefano Buffagni e soprattutto Gianluigi Paragone, che a una festa della Lega aveva detto «no al Pd, si voti o si torni con la Lega». La deputata Guia Termini va giù dura: «Come abbiamo perso 6 milioni di voti? Quando abbiamo imbarcato camaleonti che a poco a poco hanno rivelato il loro vero colore. Anche se su certi, il colore era scritto sul loro curriculum», scrive su Facebook, riferendosi al passato da direttore della Padania di Paragone.

giuseppe brescia



Ma non basta. Il gruppo, della Lega non ne vuole sentire più parlare e nel pomeriggio, con questo intento, inizia a rimbalzare la voce di parlamentari pronti a dare l’addio al Movimento qualora si tornasse tra le braccia di Salvini. La strada che porta alla Lega è a un soffio dall’impraticabile.


Insomma, fake o non fake, il rischio è che per il MoVimento 5 Stelle si tratti di un gioco lose-lose: se aprono al PD rischiano una rivolta degli iscritti e una sconfitta su Rousseau, se tornano con la Lega devono mollare Giuseppe Conte dopo averlo osannato. Se vanno alle elezioni rischiano una stangata epocale e la vittoria del centrodestra. Peggio di così è difficile.




Delle due l'una: o Luca Morisi ha seri problemi con i bias di conferma, o è un candidato perfetto per il format Uomini che non sapevano di essere Goebbels. In entrambi i casi, considerando il ruolo che ricopre – è a capo della comunicazione di Matteo Salvini, ovvero del Ministro dell'Interno, la sua condotta digitale è al limite del terrorismo psicologico. Tanto più che, rispetto a molti spin doctor che preferiscono restare dietro le quinte, Morisi non fa mistero né del suo lavoro né delle sue opinioni politiche.


L'account Facebook che ha spinto Morisi a invocare il Tso – ma che bel linguaggio istituzionale – è palesemente fake ed è palesemente un account di trolling. Roba da test per un corso base di comunicazione digitale. Armando Schiaffini, questo il nome del fake, incarna tutti i cliché della sinistra vista dall'estrema destra, quindi da Morisi stesso.


Basta scorrere i vecchi status senza bava anticomunista alla bocca per rendersene conto. In uno definisce il conduttore Alessandro Cattelan "Intellettuale antifascista", e questo per aver provocatoriamente parlato dell'abolizione del suffragio universale in favore di un voto per censo - merito e reddito. Tipica rivendicazione egualitaria di sinistra, no?


In un altro status il nostro Schiaffini segue dal Bistrot di Cracco, davanti a un aperitvo, la manifestazione a Riace a sostegno del sindaco Lucano. Cioè sta dicendo ai militanti della sua presunta area politica "faccio aperitivi borghesi, ma vi seguo col cuore! ✊"


In un altro, infine, stigmatizza i fischi ad esponenti del Pd  e suggerisce di limitare il diritto di voto in base al titolo di studio - dev'essere una fissa. Insomma, è uno di quei profili che scrive per triggerare, cercando di far saltare i nervi, non importa a chi. Tanto è vero che le amicizie del nostro coprono tutto l'arco parlamentare ed extra-parlamentare.


Quindi, nel tweet allarmista e violento – invocare il Tso sa di carcerazione forzata per via psichiatrica – Luca Morisi attua la prosecuzione dello stile di Salvini, però mettendoci la faccia. Abbiamo già visto in questi mesi, infatti, la pagina Facebook di Salvini lanciare strali indignati contro i crimini di questo o quell'immigrato, senza rettificare quando poi magari si sono rivelate notizie false. Il che è grave già di per sé, perché comunque nel lavorare con e per le Istituzioni un minimo di Senso dello Stato suggerirebbe cautela, sobrietà e un tasso di propaganda di molto ridotto.


Mentre questa ricerca dell'engagement a tutti i costi, questo inseguire la dopamina da like, diventa ancora più grave nel momento in cui, messo di fronte alla realtà fattuale di un profilo fake, Luca Morisi non rettifica in alcun modo, la butta invece sulla necessità di verificare chi ci sia dietro:


grillini contro pd

Ma il tweet originario non aveva quell'intenzione e non veicolava quel messaggio, lascia supporre che lo status Fb sia di una persona vera e socialmente pericolosa - e di sinistra.  Niente rettifiche, dunque, figurarsi scuse. Evidentemente è così convinto che la polarizzazione venga prima di tutto che, insomma, chi se ne frega di quelli che han segnalato la figuraccia, tanto sono "sinistri" che mai voteranno Salvini.


È perciò ipocrita e ignobile che si riempia la bocca di Pamele e Desirée, e invochi giustizia, ogni volta che la cronaca nera, purtroppo, ci consegna omicidi efferati. Perché una simile condotta significa che quei corpi sono solo esche da dare in pasto via social a chi ha fame di capri espiatori e nemici da abbattere.



Considerando il dicastero di cui cura la comunicazione - non stiamo parlando del social media manager del Sindaco di un piccolo paese montano - questa strategia priva di scrupoli rappresenta un modello in negativo senza precedenti, per il nostro paese.


(Il Roma Polo Club ha pubblicato poi un post sulla propria pagina Facebook per specificare che "Armando Schiaffini" "non è membro del Club e risulta sconosciuto alla gran parte dei Soci").



Come individuare account falsi

Ci sono molte ragioni per cui vengono creati account falsi. Alcuni sono creati a scopo di satira, altri per le truffe e altri ancora per diffondere notizie false e disinformazione. Molti account falsi sono gestiti da bot. Questi bot possono apprezzare, condividere e commentare su piattaforme di social media proprio come può fare qualsiasi profilo reale. Poiché non hanno bisogno di riposare, possono continuare a funzionare 24 ore su 24, 7 giorni su 7. I bot di account falsi sono un grosso problema soprattutto su Twitter.


Non tutti i profili gestiti da bot sono considerati account falsi. Gli account falsi devono sembrare persone o organizzazioni reali e le loro azioni devono essere percepite come se dietro di loro ci fosse una fonte legittima. Alcuni bot sono pensati per essere visti come bot e non devono confondere le persone.


Poiché gli account falsi sono creati in modo che sembrino gestiti da persone reali, possono essere difficili da individuare. Tuttavia, ci sono alcuni segni che puoi ricercare. Puoi verificare se il profilo pubblica frequentemente e 24 ore su 24, è molto nuovo, ha caratteri e numeri casuali nel nome del proprio account, non ha alcuna immagine del profilo o biografia, o segue un certo schema rispetto ad altri account.


Questi bot si infiltrano in modo molto efficace nelle piattaforme social. La loro mole unita al loro aspetto apparentemente reale li rende uno strumento efficace per molti scopi. Molte persone non riescono a individuare gli account falsi e quindi interagiscono con loro poiché questi interagiscono con persone reali nei social media.


Troll

Per trolling si intende la pubblicazione di commenti provocanti progettati per innescare reazioni emotive e dare il via a discussioni. Non è messo in atto solo dai bot; anche gli umani possono trollare. I commenti dei troll possono essere offensivi, aggressivi e stupidi. Possono sembrare ignoranti e soprattutto nelle conversazioni politiche spesso rappresentano un estremo. Il troll può cercare di far sembrare qualcuno o qualcosa ridicolo. Possono essere qualsiasi cosa e rappresentare qualsiasi punto di vista purché induca le persone a commentare.


Il troll è un modo molto efficace per diffondere voci e disinformazione, creare tensione tra le diverse parti, modificare l’opinione pubblica e disturbare la conversazione. Ora, immagina che ci siano milioni di profili falsi gestiti da bot con capacità molto più veloci rispetto agli umani di condividere e commentare (e trollare) su piattaforme social media. Ciò finisce col creare uno strumento molto potente, o addirittura un’arma, per creare tensione e controllare l’opinione pubblica.






Lo so: la lettura di tutta sta roba è estenuante!
Potete maledirmi pure, ma ho cercato di essere più esaustivo possibile.
Per questo non scrivo libri, annoierei a morte i miei lettori. In qualche modo li rispetto.


A piè pagina posto i link delle fonti per la seconda parte del post di oggi (è il mondo più serio e migliore per capirci).


Vi ricordo che il sottoscritto si assume la responsabilità di quello che dice e che non cerca in alcun modo soldi o donazioni. Non ho alcun canale Telegram o Facebook.


Le mie ricerche sono GRATIS e disponibili a tutti.

Potete essere più o meno d'accordo con me, e rispetto ogni opinione!

Ma saranno sempre gratuite.

In futuro vi racconterò altre storie, ma ne riparleremo.

Ho cercato di essere il più semplice possibile e "fruibile".

Alan Paul Panassiti






Fonti:

https://www.che-fare.com/almanacco/societa/diritti/troll-farms-arabo-manipolazione-opinione-pubblica/?print=print

https://www.ionos.it/digitalguide/online-marketing/social-media/social-bot-di-che-cosa-sono-veramente-capaci/

https://www.imperva.com/blog/bot-traffic-report-2016/?redirect=Incapsula

https://www.ilgiornale.it/news/cronache/totolo-si-difende-non-sono-spia-putin-1778962.htmlhttps://books.google.it/books?id=P1yHDwAAQBAJ&pg=PA642&lpg=PA642&dq=Primato+nazionale+uso+BOT+propaganda&source=bl&ots=KBPBK9ngYX&sig=ACfU3U0Bt7BKubAJX8aM-ap2vJODfXsbRA&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiVmNOPn_D_AhV1g_0HHVXFBlMQ6AF6BAgsEAM#v=onepage&q=Primato%20nazionale%20uso%20BOT%20propaganda&f=false


https://firstdraftnews.org/articles/the-not-so-simple-science-of-social-media-bots/


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