Ho provato a capire come funzionano le cose tra Italia, dove si svolge questa storia, e Australia, paese d'origine della #famigliadelbosco
Come stanno le cose?
Partiamo dai concetti davvero generali
Ci sono momenti in cui una singola vicenda rivela molto più di quello che sembra.
Il caso della “famiglia nel bosco” è uno di questi.
Da una parte ci sono le carte, le perizie, le relazioni, le norme: la realtà.
Dall’altra ci sono narrazioni emotive, ideologiche, deformazioni mediatiche: la fiction.
Quello che è mancato, fin dall’inizio, è un confronto maturo.
E ciò che è emerso, invece, è la fragilità culturale con cui in Italia affrontiamo il tema più delicato: la tutela dei minori.
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🇮🇹 In Italia abbiamo un problema: la verità giudiziaria viene spesso sommersa dal rumore.
I provvedimenti del Tribunale per i Minorenni sono spesso tecnici, complessi, pieni di accertamenti e verifiche.
Ma nel dibattito pubblico non contano la pediatra, il geometra, lo psicologo, la scuola.
Contano le emozioni di superficie.
E quando il giornalismo diventa propaganda, quando un titolo vuole colpire più che spiegare, allora anche la verità più semplice diventa sospetta.
In questo vuoto si inseriscono gli slogan:
“ci rubano i figli”
“lo Stato cattivo”
“giudici ideologizzati”
“la famiglia tradizionale sotto attacco”
Slogan che funzionano: non chiedono di leggere un fascicolo, non pretendono verifica, non obbligano a pensare.
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🇦🇺 Poi guardi l’Australia e capisci che il problema non è l’intervento dei servizi, ma la cultura che ci costruisci attorno.
In Australia un caso come quello della famiglia nel bosco non diventerebbe un caso politico.
Non ci sarebbe una guerra di narrazioni, né un giornale che attacca la giudice sulla base della sua vita culturale.
Non ci sarebbe chi dubita che un bambino deve andare a scuola, avere una casa salubre, accedere alle cure.
Perché?
Perché il sistema australiano è costruito su una cosa semplice: trasparenza.
Dati, rapporti annuali, checklist, criteri chiari, processi standardizzati.
Non c’è spazio per la fantasia, e meno ancora per il sospetto.
Quando c’è un intervento, si sa perché.
Quando c’è un problema, si vede nei numeri.
Quando si parla di minori, non si improvvisa.
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🟦 In Italia, invece, il terreno è fertile per ogni manipolazione.
La mancanza di dati disaggregati, la diversità territoriale, la scarsa comunicazione istituzionale aprono la porta a una narrativa tossica:
i minori come trofeo politico,
le famiglie come bandiere,
i giudici come bersagli,
i servizi sociali come nemici.
E così, anche quando un provvedimento è motivato, preciso, pieno di verifiche, misurato dalla legge, basta una foto ben scelta e un titolo velenoso per ribaltare tutto.
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🔴 Ma il punto centrale è uno solo: i bambini non hanno ideologia, ma diritti.
Diritto a un’istruzione vera.
Diritto alla salute.
Diritto a un ambiente salubre.
Diritto alla socialità.
Diritto alla protezione.
Diritto a crescere in sicurezza.
Non appartengono ai genitori.
Non appartengono allo Stato.
Non appartengono alla politica.
Appartengono a sé stessi.
Ogni intervento — che sia in Italia, in Australia o altrove — deve tener conto solo di questo.
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🟢 E allora la domanda diventa: perché in Italia è così difficile accettare la complessità?
Perché dove mancano trasparenza e fiducia, entrano paura e propaganda.
Perché dove i dati non arrivano, le storie vengono inventate.
Perché dove un giornalismo aggressivo sostituisce l’informazione, il dibattito diventa guerra.
Un Paese che confonde tutela con ideologia non è un Paese che difende i bambini.
È un Paese che difende i propri fantasmi.
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🟣 **Conclusione: ciò che è accaduto non è solo un caso di tutela minorile.
È la fotografia del nostro rapporto con la verità.**
E forse è per questo che, paradossalmente, è servito un “piccolo blogger” a riportare in superficie ciò che in molti avevano scelto di ignorare:
le carte, le relazioni, i fatti.
Perché la verità non urla, non fa titoli, non vende copie.
La verità resta nei documenti.
E oggi più che mai dovremmo ricordarlo:
le opinioni sono libere,
ma la tutela dei minori non lo è.
Quella deve rispondere sempre — solo — alla legge e alla realtà.
Come funzionano i servizi di tutela minorile in Australia
• Sistema centralizzato per ogni Stato / Territorio
In Australia, la protezione dell’infanzia è di competenza dei governi statali o territoriali (non un sistema unificato nazionale per tutti i bambini).
Quando viene segnalato un rischio per un bambino (abuso, negligenza, condizioni di pericolo, genitori incapaci, ecc.), interviene l’ente locale di “child protection”.
Le famiglie “vulnerabili” possono essere seguite con misure di sostegno prima di arrivare allo “strappo”: supporto educativo, sociale, psicologico, sostegno economico, case-family-support.
• Approccio misto: prevenzione & intervento
Non è sempre “allontanamento o niente”: le politiche privilegiano prima l’aiuto alla famiglia: programmi di sostegno, counselling, supporto sociale.
Solo nei casi gravi — rischio reale, condizioni non modificabili, pericolo per il minore — si passa all’out-of-home care (affido, casa famiglia, famiglie affidatarie).
L’affido (foster care) può essere temporaneo o a lungo termine, sia in famiglia affidataria che in comunità specializzate.
• Norme chiare e dati statistici
In Australia è presente un quadro nazionale di tutela: National Framework for Protecting Australia’s Children 2021‑2031, che mira a ridurre l’abuso e la negligenza e a coordinare interventi tra servizi sociali, sanitari, comunità e governi locali.
Esistono dati aggiornati: per esempio nell’anno 2023-24 circa 1 bambino su 31 è entrato in contatto con il sistema di protezione minorile.
• Coinvolgimento del privato/terzo settore
Molti servizi — affido, supporto familiare, reinserimento, sostegno psicologico — sono gestiti da organizzazioni non governative.
Così lo Stato assegna ruoli di controllore e supervisore, e il terzo settore fornisce l’aiuto operativo. Questo può aumentare flessibilità e specializzazione, ma anche generare variabilità tra aree.
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⚠️ Limiti e “criticità” del modello australiano (o sfide)
Essendo ogni Stato/territorio responsabile, le regole variano: a volte processi, criteri, tempi, risorse cambiano da luogo a luogo. Questo può portare a disomogeneità.
L’intervento sociale non è automatico: per molte famiglie vulnerabili servono segnalazioni, e spesso la soglia per intervenire è elevata — rischio che alcuni casi difficili restino “sotto soglia”.
Anche se ci sono molti programmi di sostegno alla famiglia, quando si attiva un ordine di protezione (“care and protection order”) il bambino può essere tolto da casa con procedura relativamente rapida, e il reinserimento non è garantito.
Dipendenza del sistema da fondi, da terzo settore, da volontariato: può funzionare bene in aree ricche, meno bene in aree marginali o remote, specialmente nei confronti di famiglie indigene o migranti. Questo crea rischi di disparità sociale.
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🇮🇹 Confronto con l’Italia: differenze — e qualche somiglianza
Aspetto Australia Italia
Chi gestisce la protezione minorile Stati/territori + terzo settore Comuni / servizi sociali / Tribunale per i Minorenni
Approccio prevalente Prevenzione + sostegno familiare prima dell’allontanamento ‒ out-of-home care come extrema ratio Spesso interventi di tutela come interlocutore principale, con alternanza tra affido e comunità; aumento delle segnalazioni negli ultimi anni
Norme quadro / coordinamento nazionale Sì — quadro nazionale + leggi statali Normativa nazionale + leggi regionali / locali; variazioni tra Regioni
Dati e trasparenza Rapporti pubblici, statistiche, monitoraggio Dati complessivi, ma spesso non disaggregati per origine, etnia, condizione sociale
Coinvolgimento del privato/terzo settore Molto comune (ONG, associazioni) Sì, ma con più prevalenza del pubblico; terzo settore spesso con fondi limitati
Flessibilità territoriale e differenze locali Alte: ogni Stato/territorio personalizza norme e risorse Dipende da Regione / Comune; grandi disparità territoriali
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🎯 In sintesi: non c’è un “modello perfetto”, ma
In Australia c’è un sistema strutturato e con dati, che cerca di bilanciare supporto familiare + protezione.
È più flessibile, con possibilità genuine di prevenzione e sostegno, ma anche — quando serve — di reazione rapida.
In Italia il sistema è più centralizzato in base a leggi nazionali e regioni/comuni, ma soffre spesso di risorse scarse, disomogeneità territoriale, scarsa trasparenza sulle statistiche.
Il confronto non dà un “vincitore assoluto”: ogni sistema ha punti di forza e punti critici.
Facciamo ora uno schemino per chiarire la differenza tra Italia e Australia a livello tutela minorile
✅ “AUSTRALIA vs ITALIA: come intervengono sui minori”
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🇦🇺 AUSTRALIA
Modello Child Protection
✔ Interventi PREVENTIVI obbligatori
– counselling, sostegno economico, visite domiciliari, piani educativi.
– “Early intervention” = aiutare la famiglia PRIMA che il rischio diventi grave.
✔ Sistema STATALE, non nazionale
– ogni Stato/territorio ha regole proprie.
– standard comuni definiti nel National Framework 2021–2031.
✔ Forza della rete
– terzo settore, ONG, case di accoglienza, psicologi accreditati.
✔ Soglia di intervento chiara: “significant harm”
– pericolo + mancata collaborazione = intervento rapido.
✔ Allontanamento rapido se necessario
– procedura tramite “Children’s Court”.
– affido familiare quasi sempre preferito a strutture.
✔ Grande trasparenza
– dati pubblici, rapporti annuali, monitoraggio.
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🇮🇹 ITALIA
Sistema Tutela Minori & Tribunale Minorile
✔ Forte ruolo dei servizi sociali comunali
– risorse variabili da città a città.
– supporto familiare non sempre strutturato.
✔ Intervento spesso TARDIVO
– mancano programmi obbligatori come in Australia.
– molti casi arrivano direttamente al Tribunale.
✔ Sistema GIUDIZIARIO centrale
– tutto passa dal Tribunale dei Minorenni.
– non esistono standard nazionali uniformi nei servizi.
✔ Scarsa trasparenza statistica
– mancano dati disaggregati su origine, etnia, contesto.
– narrazioni spesso politicizzate.
✔ Maggior uso di comunità rispetto all’affido familiare
– differenze regionali enormi.
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🎯 SINTESI
🇦🇺 Australia → più prevenzione + più supporto + più trasparenza + maggiore rapidità se i genitori non collaborano.
🇮🇹 Italia → interventi disomogenei + minor prevenzione + forte ruolo giudiziario + più conflitto narrativo.
Ho poi provato a simulare cosa sarebbe accaduto se questa storia fosse accaduta in Australia piuttosto che in Italia
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🇦🇺 COME AVREBBE GESTITO IL CASO IL SISTEMA AUSTRALIANO (STEP-BY-STEP)?
Una simulazione basata sui protocolli australiani di “Child Protection”
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1️⃣ LA PRIMA SEGNALAZIONE
In Australia, appena emerge che una famiglia vive:
fuori dai centri abitati,
senza acqua corrente,
senza elettricità,
con bambini non scolarizzati,
con assenza di controlli sanitari,
la segnalazione va direttamente al Child Protection Service dello Stato (es. Victoria Child Protection o NSW Department of Communities and Justice).
👉 La segnalazione è classificata come “risk of significant harm”.
Il livello iniziale non è giudiziario, ma tecnico.
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2️⃣ IL PRIMO CONTATTO: INCONTRO OBBLIGATORIO
In Australia non possono rifiutare gli incontri.
Il servizio sociale:
chiama i genitori,
chiede un appuntamento immediato,
si presenta a casa (anche più volte),
valuta condizioni di sicurezza, igiene, alimentazione, salute, istruzione.
👉 Un rifiuto di incontro viene classificato come “non compliance”, cioè mancata collaborazione = aggravamento del livello di rischio.
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3️⃣ LA VALUTAZIONE AMBIENTALE
Gli ispettori entrano nel luogo di residenza.
Vedere:
casa inagibile
senza acqua
senza elettricità
senza servizi igienici adeguati
con animali vicino ai bambini
ottenerebbe un punteggio di rischio molto alto.
In diversi stati australiani, questa condizione rientra nella categoria “unsafe living environment” → già di per sé considerata potenzialmente pregiudizievole.
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4️⃣ LA VALUTAZIONE SCOLASTICA
In Australia l’home schooling è permesso, MA:
deve essere registrato ufficialmente,
valutato annualmente,
supervisionato,
certificato secondo programmi statali.
👉 Mancata iscrizione = violazione dell’obbligo di istruzione.
👉 Bambini che non parlano inglese e non frequentano nessun gruppo sociale = “social developmental neglect”, una categoria riconosciuta.
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5️⃣ LA VALUTAZIONE SANITARIA
Rifiutare visite pediatriche o neuropsichiatriche richieste dai servizi:
in Italia crea problemi,
in Australia crea un red alert.
Perché?
Perché il mancato accesso alle cure è classificato come medical neglect.
In Australia, questo è un motivo frequente di intervento.
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6️⃣ PIANO DI SUPPORTO PRIMA DELL’ALLONTANAMENTO
Gli australiani privilegiano la prevenzione.
Ai genitori verrebbe offerto:
sostegno psicologico
aiuti economici
accompagnamento per i bambini
mediazione familiare
corsi sulla genitorialità
visite domiciliari programmate
frequenza obbligatoria di gruppi sociali per i minori
MA e qui è la differenza cruciale:
👉 se i genitori rifiutano, la procedura accelera.
La non collaborazione è considerata segnale di rischio grave.
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7️⃣ SE I GENITORI RESPINGONO TUTTO
Se i genitori non collaborano, non accolgono i servizi, non partecipano alle visite, non rispettano appuntamenti:
👉 Il caso passa a “High Risk Category”.
👉 Entra in scena lo Stato.
Il Child Protection prepara un Care and Protection Order, equivalente al provvedimento del Tribunale dei Minorenni italiano.
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8️⃣ L'ORDINE DI ALLONTANAMENTO
In Italia: serve il Tribunale minorile, motivazioni, provvedimento cautelare.
In Australia:
lo Stato richiede l’ordine,
il Children’s Court lo emette in tempi molto rapidi (anche 48-72 ore in emergenza),
i bambini vengono collocati in foster care (famiglie affidatarie registrate).
A differenza dell’Italia, dove si usano spesso case famiglia, l’Australia usa quasi sempre:
👉 affidi familiari.
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9️⃣ LA QUESTIONE “FAMIGLIA NEL BOSCO” SPECIFICA
La vita in un bosco remoto, senza servizi, senza comunità, senza scuola, senza sanità e con comportamenti oppositivi verso i servizi sociali:
🇮🇹 In Italia → provvedimento di allontanamento come quello che abbiamo visto.
🇦🇺 In Australia →
stesso risultato finale,
ma più rapido,
con più fasi intermedie documentate,
e con un coinvolgimento massiccio del “welfare” prima della corte.
La differenza più grande:
🟡 L’Australia interviene prima e con più strumenti,
🔴 ma è anche più severa se la famiglia non collabora.
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🔟 Differenza culturale chiave
In Australia non esiste la narrativa:
👉 “ci hanno rubato i figli”
👉 “lo Stato nemico”
👉 “giudici ideologici”
Per un motivo semplice:
Il sistema è molto più trasparente, pubblica dati, statistiche, rapporti, ispezioni standardizzate.
In Italia invece:
procedure poco comunicate,
scarsa trasparenza,
narrazioni politiche,
stampa sensazionalista,
diffidenza verso le istituzioni.
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🟢 CONCLUSIONE
Un caso come quello della “fa
miglia nel bosco”, in Australia:
sarebbe preso in carico molto prima,
verrebbe seguito con programmi obbligatori di supporto,
allontanamento avverrebbe se i genitori rifiutano la collaborazione,
l’intervento sarebbe veloce,
i minori finirebbero in affido familiare, non in comunità,
la stampa tratterebbe il caso in modo molto meno scandalistico,
la narrazione anti-Stato non avrebbe presa, perché tutto è regolato e documentato.
Alan Paul Panassiti


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