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Milei: non abbiamo capito niente dell'Argentina, e abbiamo pensato che sia stata una sorpresa la sua ultima vittoria elettorale

 Molti di voi, se non quasi tutti, non lo sanno. Ma una parte della mia famiglia è argentina. Mio nonno era un politico argentino molto influente e conosciuto, fu costretto all'esilio in Italia perché avversario politico di Peron e soci. Un viaggio con mio padre e mia nonna dall'Argentina alla Sicilia in nave per sfuggire alla morte certa negli anni 50. Un giorno vi racconterò questa meravigliosa, triste ma allo stesso tempo illuminante storia di un uomo apparentemente comune ma determinato.


Quindi l'Argentina e la sua mentalità la conosco bene, quello che mi sfugge è la mancanza di competenza dei giornalisti europei che nulla hanno compreso di uno dei paesi che apparentemente sono il più europeo delle nazioni del Sudamerica.

Dopo che, negli ultimi anni, molti analisti hanno detto delle stupidate inaccettabili su questo fenomeno.
Pensando a "brogli", "Stranezze", "Ingerenze estere", quando invece la situazione è molto diversa.

Perché in Europa non abbiamo capito #Milei?
1️⃣ Abbiamo confuso “folklore” con “fenomeno politico”

In Europa Milei è stato trattato come personaggio bizzarro: i capelli arruffati, la motosega, le urla in TV, le citazioni di rock e di anime giapponesi.
Il risultato? I media lo hanno ridotto a caricatura — un “Trump argentino”, un “clown libertario”.
Ma in Argentina quella teatralità non era folklore, era marketing politico mirato: linguaggio semplice, ritmo da social, simboli forti per parlare a un elettorato depresso e arrabbiato.




2️⃣ Abbiamo sottovalutato il contesto economico

Molti commentatori europei hanno analizzato Milei con categorie da politica occidentale normale.
Errore enorme.
L’Argentina era (ed è) in una crisi monetaria terminale: inflazione >150%, riserve esaurite, povertà in crescita, debito con FMI.
In quel contesto, Milei non era “radicale”, era credibile come ultimo tentativo.
Il suo discorso “chiudo la Banca Centrale” suonava apocalittico a Bruxelles, ma a Buenos Aires sembrava liberatorio.

3️⃣ Abbiamo interpretato il voto come ideologico, non come catartico

In Europa leggiamo le elezioni in chiave “destra vs sinistra”.
In Argentina, il voto a Milei è stato catartico, non ideologico:
una forma di voto terapeutico, una scarica di rabbia collettiva.
Come disse un analista argentino:

“Non l’abbiamo votato perché crediamo nel libertarismo.
L’abbiamo votato perché non crediamo più in nessun altro.”

4️⃣ Abbiamo ignorato il ruolo della cultura digitale latinoamericana

La comunicazione politica argentina oggi è una miscela esplosiva di meme, YouTube, podcast e TikTok.
Milei e il suo team (molto abili, quasi da start-up) hanno costruito un ecosistema digitale fatto di:

meme virali autoprodotti,

micro-influencer “libertarios”,

community Telegram coordinate ma decentralizzate.

Mentre in Europa si facevano talk show, in Argentina si costruivano fanbase online, come per una rockstar.
Risultato: il suo linguaggio ha bucato ogni filtro mediatico.


5️⃣ L’Europa non ha più memoria della povertà di massa

Per un europeo medio, “inflazione al 100%” è un concetto astratto.
Per un argentino, è vita quotidiana.
E quando la sopravvivenza economica diventa roulette, la gente vota emotivamente, non ideologicamente.
In Europa la lettura è stata “populismo pericoloso”.
In Argentina era “ultima possibilità prima di scappare dal Paese”.


6️⃣ Lenti moralistiche e coloniali

Un riflesso tipico: giudicare l’America Latina con superiorità morale.
Molti opinionisti europei hanno trattato gli elettori di Milei come “irrazionali” o “disinformati”, dimenticando che la democrazia in crisi produce linguaggi di rottura.
Così ci siamo concentrati sul “fenomeno social” e non sul fallimento sistemico della classe politica argentina.

7️⃣ Abbiamo sottovalutato il contagio

La narrativa “Milei è un caso isolato” è falsa.
La sua vittoria ha alimentato nuove destre radicali anti-stato anche in Cile, Brasile e perfino in Spagna e Italia, dove alcuni movimenti guardano a lui come archetipo di ribellione post-liberale.
Milei è, per certi versi, il primo leader pienamente post-ideologico del Sud globale:
un mix di anarcho-capitalismo, religione civile e cultura meme.




🔍 Conclusione

L’Europa non ha capito Milei perché non ha capito la disperazione organizzata.
Si è fermata all’estetica — e non ha visto il terremoto socio-economico dietro.

In sintesi: non è l’Argentina che ha scelto Milei.
È il sistema che ha esaurito ogni alternativa.





Un piccolo recap di quello che è successo dal 2023 è necessaria

Cosa è successo (date e numeri chiave)

  • Ballottaggio presidenziale — 19 novembre 2023. Javier Milei batte Sergio Massa 56% a 44% (circa 14,5 milioni di voti per Milei, scarto ~11 punti), diventando presidente il 10 dicembre 2023. È uno dei margini più ampi dall’avvento della democrazia. 

  • Primo turno — 22 ottobre 2023. Massa sorprende in prima posizione con ~36,7%, Milei al 30,0%: ribaltamento rispetto ai sondaggi della vigilia (pre-ballottaggio, i tracker mostravano una corsa molto più stretta). 

  • Geografia del ballottaggio. Milei vince nella stragrande maggioranza delle province (Peronismo primo in poche roccaforti: Buenos Aires prov., Formosa, Santiago del Estero, Chaco). Eclatante Córdoba (~74% per Milei), mentre Provincia di Buenos Aires resta a Massa, ma con margine insufficiente. 

  • Contesto macro. Voto di rabbia in scia a inflazione a tre cifre e riserve scarse: gli elettori “premiano” l’outsider che promette di “segare” lo Stato (la famosa motosega). 

Perché i sondaggi hanno sbagliato (o meglio: perché il margine ha sorpreso)

  1. Trasferimento voti del centro-destra. Dopo il primo turno Patricia Bullrich (terza classificata) e Mauricio Macri appoggiano Milei. Una parte della coalizione JxC rimane spaccata, ma la massa degli elettori anti-Peronisti converge sul libertario, ampliando lo scarto oltre le attese dei pollster. 

  2. Errore di misura sugli indecisi e sul voto “contro”. I tracker pre-ballottaggio indicavano una sfida 50-50/52-48, ma l’antisistema + voto di punizione in aree chiave (Córdoba, interni) ha spostato più del previsto negli ultimi giorni.

  3. Mobilitazione digitale e giovani. La macchina social (TikTok/meme/influencer, format brevi, tono “rockstar”) ha avuto penetrazione tra 16–29enni e astensionisti intermittenti, difficile da pesare nei modelli dei sondaggi. 

Le cinque leve decisive della vittoria 2023

  1. Economia vs establishment. Con inflazione esplosiva e povertà in salita, il frame “spendiamo troppo / lo Stato è il problema” ha offerto una narrativa chiara e semplice. La promessa-simbolo (dollarizzazione, tagli, chiusura della Banca Centrale) ha polarizzato, ma ha incanalato la rabbia. 

  2. Coalizione anti-Peronista “last minute”. L’endorsement di Bullrich/Macri, pur controverso, ha dato copertura politica a elettori moderati che non volevano confermare il ministro dell’Economia uscente. 

  3. Geografia del voto. Córdoba diventa moltiplicatore di margine; nelle province dell’interno Milei ribalta roccaforti storiche o si avvicina molto; la Provincia di Buenos Aires resta a Massa, ma non basta. 

  4. Forma-campagna e simboli. La motosega e l’estetica “anti-casta” (comizi-spettacolo, meme, performance) hanno reso riconoscibile la proposta. Il linguaggio visivo ha funzionato come shortcut cognitivo. 

  5. Mercati e aspettative. Subito dopo la vittoria, rally di bond e azioni: la narrativa “mandato per riforme pro-mercato” ha rafforzato l’idea di svolta (pur con rischi sul peso e tempi di attuazione). 

Cosa è appena successo (midterm 2025) e perché conta

  • Ottobre 2025 — Elezioni di metà mandato. La Libertad Avanza avanza nettamente (intorno al 40–41% nazionale), migliorando i numeri parlamentari e la capacità di negoziazione del governo. Reazione positiva dei mercati. (I dettagli numerici variano per camera/province; quadro generale: Milei esce rafforzato ma non ha maggioranza autonoma). 

  • Lettura politica. Nonostante mesi di austerità (“piano motosega”), scandali e conflitti istituzionali, il governo regge e capitalizza il calo dell’inflazione e alcuni segnali fiscali, trasformando le midterm in un test di fiducia passato meglio delle attese. (Le interpretazioni della stampa divergono sul ruolo di appoggi esterni e fattori geopolitici: attenersi a fonti solide e plurali). 

Nota: alcune ricostruzioni giornalistiche circolate in queste ore introducono ipotesi molto controverse su presunti “pacchetti di sostegno estero” legati al voto. Le fonti principali e più affidabili consultate non convergono su questi dettagli: conviene trattarle con cautela finché non confermate da reporting primario. 


Analisi strutturale: perché quel risultato è “clamoroso”

  • Voto di sostituzione, non di adesione piena. Gli analisti internazionali hanno letto la vittoria di Milei più come rifiuto del passato che endorsement integrale del suo libertarismo radicale. 

  • Riallineamento socio-demografico. Giovani, classe media impoverita, lavoratori informali e parte dei ceti popolari urbani tradizionalmente peronisti si spostano, attratti da promessa di “rottura” e linguaggio anti-élite. 

  • Effetto “coalizione negativa”. L’anti-peronismo “coagulato” dopo il primo turno ha creato una maggioranza elettorale tattica, capace di superare la paura delle proposte più estreme. 

  • Asimmetria di messaggi. Massa ha puntato su competenza/continuità e rischio-Milei; Milei su cambiamento drastico. In crisi profonde, i messaggi loss-aversion faticano contro la promessa di reset

Cosa osservare ora (agenda e rischi)

  1. Capacità di passare dalle “icone” alle policy. Dollarizzazione, riforme del lavoro, privatizzazioni: quali misure diventano legge e con quali compromessi parlamentari? Le midterm 2025 hanno allargato il corridoio, ma la maggioranza aritmetica piena non c’è

  2. Costo sociale dell’aggiustamento. Austerità, tagli ai sussidi, compressione del salario reale: quanto regge il consenso se la ripresa è lenta e diseguale? (Nel 2024–2025 molte cronache hanno documentato tensioni sociali.) 

  3. Coalizioni variabili. Il rapporto con ex-macristi e governatori provinciali resta transactional: successo/insuccesso delle riforme dipende dalla ingegneria politica più che dalla sola legittimazione elettorale. 

  4. Mercati e tempi dell’inflazione. Il momentum finanziario post-voto è utile, ma la disinflazione credibile richiede coerenza fiscale, ancoraggi istituzionali e gestione del cambio. 


Sintesi finale

L’Argentina non ha scelto Milei: ha scelto di non scegliere più il passato.



Alan Paul Panassiti 




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